L’Ancora: n. 3 – marzo 1967 – pag. n. 1-5
É questo un problema quanto mai attraente, bello ed importante perché ci pone dinanzi al tema ed alle sue vaste conseguenze che ne derivano: la vocazione umana e cristiana, che si realizza attraverso la sofferenza.
Questa vocazione così incompresa, temuta e magari disprezzata, entra nella storia dell’umanità ed incide sui suoi destini in diretta proporzione della sua valorizzazione e della sua estensione, come ha detto del resto Nostro Signore Gesù Cristo, «quando sarò sollevato da terra, trarrò tutto a me “.
Per poter scorgere e comprendere questa chiamata e valorizzarla in piano sociale cristiano, dobbiamo necessariamente rifarci alla vocazione stessa del nostro Divin Salvatore, il quale proprio per mezzo dell’apporto dei sofferenti, continua l’opera della Redenzione da Lui incominciata.
Grande è l’influsso storico operato da Nostro Signore Gesù Cristo con la sua venuta su questa terra, ma questo influsso che è capovolgimento delle menti ed adesione alla chiamata di Dio per mezzo del Suo Divin Figlio si ha precisamente perché Lui lo ha voluto attraverso le preghiere e la Croce del Cristo totale, che è costituita dalle sofferenze di Gesù più le sofferenze di tutta l’umanità.
Il Cristo, Capo del Corpo Mistico, lancia così una vocazione, che raccolta dalle membra, le rende partecipi della medesima vocazione, continuando così a vivere in ciascun membro, secondo i doni imperscrutabili dello Spirito Santo che dà a ciascuno una particolare vocazione a beneficio di tutto il Corpo Mistico che è la Chiesa.
Identificazione di vocazioni, quella del Cristo e la nostra, che lascia, però, evidentemente, distinte le posizioni: quella necessaria di Gesù Cristo, Unico e Sommo Mediatore e la posizione nostra di partecipanti del Suo Regale sacerdozio che continua e si sviluppa fino al trionfo finale.
Diverse, però sono le considerazioni che dobbiamo fare per approfondire e comprendere questo argomento.
Che cos’è in se stessa la vocazione?
Fondamentalmente la vocazione è sempre una chiamata e, secondo S. Tommaso (Somma I, XLI) «qualcosa di temporale che si inserisce nella natura e che ordina a Dio ».
Si ha allora la chiamata all’essere ed abbiamo la creazione, l’ordinamento di tutte le cose a Dio: i cieli e la terra lodano, sia pure inconsapevolmente il Signore, manifestando la sua potenza, il suo ordine, la sua bellezza e perfezione. Si ha inoltre la chiamata della creatura ad accettare l’invito alla Grazia ed a rendere testimonianza a Nostro Signore Gesù Cristo, prendendo posto mediante una determinata funzione nel Corpo Mistico che, mentre diventa al singolo scala per il cielo, gli dona quella specifica posizione e funzione a beneficio di tutto il popolo di Dio, abbracciando con questa espressione tutte le creature redente o no.
Considerando quindi il concetto di vocazione nella creatura, possiamo concludere che è sempre qualcosa di interiore, una inclinazione che si percepisce dal di dentro e che ha come principio lo stato in cui uno si trova ed ha come termine Dio (5. Th. I, D. XLI, 2-3).
La Costituzione Dogmatica (n. 2) dice:
« L’Eterno Padre, con liberissimo e arcano disegno di sapienza e di bontà, creò l’universo, decise di elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divina (e qui si nota l’elemento chiamata) e caduti in Adamo non li abbandonò ma sempre prestò loro gli aiuti per salvarsi, in considerazione di Cristo Redentore, «il quale è l’immagine dell’invisibile Dio», generato prima di ogni creatura. Tutti, infatti, gli eletti, il Padre fino dall’eternità li ha destinati nella sua prescienza (ossia visti, conosciuti e chiamati ad andare a lui attraverso una particolare vocazione) ad essere conformi all’immagine del Figlio Suo ».
Da quanto sopra, chiaramente scorgiamo la chiamata universale, essere per Iddio: siamo stati creati per conoscere, amare e servire il Signore.
Se non avessimo commesso il peccato, noi lo avremmo conosciuto, amato, servito e goduto senza alcun dolore.
Con il peccato dei progenitori, la creatura resta con la stessa interiore finalità per cui è stata creata, conoscere, amare, servire Dio, goderlo anche; ma come, tutto ciò, se non esisterà più quel legame soprannaturale, interiore della filiazione divina, che le dava il titolo di amarlo ed essere riamata e goderlo poi al termine dell’esistenza?
Ecco il punto su cui l’umanità intera sarebbe rimasta bloccata. Senza la venuta di Gesù, senza un intervento che riprendesse le file interrotte, noi saremmo rimasti per sempre disgiunti dal fine per cui siamo stati creati. Ma come Gesù ha riannodato questo legame d’amore tra Dio Padre e l’umanità?
Ecco le linee fondamentali rivelatrici del disegno di Dio che mentre offre la salvezza non disdegna di porre l’uomo nelle condizioni di poter pagare con il Sommo ed unico Mediatore il proprio ed altrui riscatto.
Ecco allora la vocazione liberatrice e redentiva del Cristo che per divina e misericordiosa partecipazione offerta all’umanità diventa anche vocazione di ogni uomo che intende uscire dal disperato isolamento in cui lo pone il dolore, tramutando la sofferenza in moneta di conquista.
(continua) L. N.
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