L’Ancora: n. 12 – dicembre 1977 – pag. 1-6
Cerchiamo di vedere le speranze dell’ammalato che trasformano la sua vita e ne fanno una missione.
1 – La parola del Cristo è la prima speranza dell’ammalato
Non appena l’apostolo Pietro riconobbe, sotto l’azione dello Spirito Santo, che il Cristo era veramente il Figlio di Dio, immediatamente Gesù proclamò la Sua missione liberatrice dalla schiavitù e conseguenza del peccato: la proclamò non più in un colloquio notturno, avuto con Nicodemo, ma solennemente, davanti ad una folla di ascoltatori, in mezzo ai Suoi apostoli: (Matteo XVI, 21-22) “Da allora Gesù incominciò a manifestare ai suoi discepoli che era necessario che Egli andasse a Gerusalemme e soffrisse molto da parte degli anziani, dei gran Sacerdoti e degli Scribi; che fosse messo a morte e risuscitasse il terzo giorno”.
Per ben altre due volte, in circostanze diverse, il Divin Maestro proclamò che Egli veniva a distruggere le conseguenze del peccato e con la Sua passione, morte e resurrezione, il dolore e la morte, con la Sua morte e risurrezione, avrebbero cessato di essere un enigma disperato e desolante, ed avrebbero acquistato le dimensioni nuove che soltanto Lui poteva dare e soltanto in Lui, per sempre, avrebbero potuto sussistere. “Se Cristo non fosse risorto, vana sarebbe la nostra fede”.
“Meravigliosa disposizione della provvidenza di Dio, la quale non soltanto volle colla morte distruggere la morte, ma farne perfino sorgente di vita, ordinando le cose in modo che noi potessimo permutare la vita soprannaturale colla morte della natura! Facendoci suoi figli, Dio ci dona se stesso con tutta la sua divina gloria e felicità; e così Egli volle che da parte nostra anche noi, in Cristo e con Cristo, gli facessimo il dono totale di noi stessi e ci annientassimo in suo onore affinché per mezzo di questa assoluta dedizione ci facessimo degni che Egli ci comunichi se stesso senza riserve. Qui la morte non si presenta come punizione e neppure come espiazione, ma come il più grande onore che Dio abbia fatto agli uomini. (Scheeben: “I Misteri del Cristianesimo “, 335).
Il dolore resta, è vero, pur sempre dolore; ma è un dolore reso sacro, reso fonte di vita, energia e sostegno di ogni intrapresa spirituale.
2 – Seconda speranza di chi soffre: Cristo sostegno del malato attraverso il suo Vicario
La continua presenza del Papa nella storia della Chiesa infatti, è guida, sostegno di ogni anima di buona volontà e speranza di chi vuole vivere in conformità agli insegnamenti dati dal divin Maestro. Questo specialmente per chi è più debole e bisognoso di scoprire la propria vocazione al di là delle apparenze.
Tale speranza di sostegno non è mai venuta meno dal giorno della Pentecoste fino ad oggi.
Dal comando dato da Gesù ai Suoi Apostoli e discepoli, “ curate gli ammalati”, all’impegno assistenziale della Chiesa fin dai primi secoli, ancora quando la mentalità pagana distruggeva ed allontanava come peso inutile ed ingombrante ogni presenza di dolore nella società, fino ai nostri giorni, nella Chiesa Santa di Dio l’ammalato è stato sempre circondato di somma cura affinché attraverso l’assistenza corporale, le opere di misericordia, egli scoprisse la propria ed insostituibile vocazione che l’unisce a quella del divin Redentore.
Pio XII (ai Volontari della Sofferenza 7 ottobre 1957):
“ Voi dunque non siete inutili, diletti figli e figlie. Col vostro dolore soprannaturale offerto voi potete conservare tante innocenze, richiamare sul retto cammino tanti traviati, illuminare tanti dubbiosi, ridare serenità a tanti angosciati.
I Sacerdoti si stupiranno talvolta di non rimanere nei travagli dei loro ardui ministeri con le mani vuote: in cielo vedranno a chi si doveva la imprevista efficacia delle loro parole”.
Giovanni XXIII (ai Volontari della Sofferenza, 19 marzo1959):
“Attuino i sofferenti questo programma nella loro vita; in Paradiso vedranno i frutti immensi della loro spirituale attività, là dove non ci sono più nè lacrime né dolori, nè separazioni, nè possibilità di offendere Dio.
Per questi motivi, cari infermi, a riguardo delle intenzioni che abbiamo sopra ricordato, Noi facciamo, sì, assegnamento sugli sforzi dei Nostri collaboratori e sulle preghiere di tutti i fedeli, ma ancor più contiamo sulla santa sofferenza, che unita alla Passione di Gesù, darà la massima efficacia all’opera dell’uomo”.
Paolo VI (ai Volontari della Sofferenza, 26 maggio 1968):
“E’ tanto il valore che Noi dobbiamo riconoscere a coteste condizioni di fisica infermità, trasformata in spirituale efficienza, che pensiamo Noi stessi di profittarne, chiedendo a voi, figli e figlie del dolore cristiano, di fare Noi stessi partecipi dei vostri meriti, affinché il Signore ci renda meno indegni di quanto siamo del servizio che Egli. Ci ha affidato, ed affinché i grandi bisogni della Chiesa e del mondo, i quali formano oggetto delle Nostre continue ed imploranti intenzioni, abbiano ad essere presenti parimenti nelle vostre intenzioni ed ottengano il prodigioso suffragio della orante oblazione dei vostri santificati dolori. Voi potete ben pensare quanto pesino sul Nostro cuore le agitazioni, le lotte, le guerre, le competizioni, gli odi, che ora turbano la pace nel mondo e sembrano renderla oggi più difficile e quasi non sinceramente desiderata. Pregate “ Volontari della Sofferenza “, per la pace, per la vera pace, nella sincerità, nella giustizia nella libertà e nella fratellanza.
“ Voi forse potete ciò che i potenti ed i saggi del mondo non riescono a conseguire. E poi per la Chiesa offrite al Signore le vostre pene: mentre tante energie nuove e buone la risvegliano e la rinvigoriscono, troppe inquietudini la scuotono e la turbano, perché il Nostro cuore non sia talvolta profondamente afflitto e attenda dal Signore ciò che tanti figli della Chiesa sembrano rifiutare a questa “ Madre e Maestra “ della nostra salvezza, vogliamo dire il senso dell’adesione alla verità che ella ci custodisce e ci insegna, e la filiale gioia di seguirne i suoi precetti ed i suoi consigli: la fede e l’obbedienza hanno bisogno di una riviviscenza in tanti figli della Santa Chiesa, mentre essi sembrano talvolta farsi ingegnosi per ferire l’una e l’altra, dimenticando quali sacrosanti e vitali impegni ad essa ci leghino e quali esempi attendano i Fratelli cristiani da noi divisi per riaccostarsi fidenti alla gaudiosa ed unica comunione voluta da Cristo.
“Volontari della Sofferenza “, ecco che Noi allarghiamo gli orizzonti della vostra visuale di generosità; non rifiutateci il vostro prezioso dono di preghiera e di sacrificio”.
3 – Terza speranza che sostiene l’ammalato, la promessa e l’istituzione dell’Eucarestia.
Troviamo forza per affrontare e portare con Cristo la nostra Croce in modo del tutto particolare nel Sacramento dell’Eucarestia.
E’ in tale personale incontro – sacramento ed adorazione – che si impara a vivere la pedagogia del Cristo di fronte al dolore. E= con Lui che, senza presumere di noi stessi, eleviamo il nostro gemito al Padre nel momento della prova “se possibile passi da me questo calice” ed imploriamo dalle persone care che ci sono attorno e dalla stessa Chiesa, come comunità e amministratrice di sacramenti, aiuto e sostegno.
E’ in tale meraviglioso incontro e nelle silenziose e frequenti soste accanto al tabernacolo che si impara a vivere ed offrire in silenzio, in atteggiamento di accettazione della volontà del Padre anche se questa volontà può sembrare talvolta dura ed a noi incomprensibile.
E’ in forza di tale sacramento che abbiamo la certezza di non essere soli e di camminare con Cristo portando con Lui la nostra Croce per le vie del mondo con i Suoi stessi orizzonti di carità e di fratellanza.
Leggete e gustate il capitolo VI del Vangelo di S. Giovanni, sostate davanti alla tomba di Lazzaro e prendiamo tutti assieme fiducia.
“In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e se non bevete il suo sangue, voi non avete la vita in voi”.
Ed il Cristo parla di vita piena! “ Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno “ (Gv. VI, w. 53-54). Se con Cristo viviamo, siamo sicuri che nutriti e sorretti dalle carni del Cristo Risorto, con Cristo risorgeremo. Se Egli è in noi e vive in noi è materialmente impossibile morire eternamente. Egli ha espiato il peccato, ha sconfitto la morte e ci dona il cibo della vita perenne: vita dell’anima con il suo nutrimento e vita del corpo al momento della nostra futura risurrezione.
“Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole, mai”.
Abbiamo nell’Eucarestia non la speranza soltanto, ma la certezza della vittoria sulle passioni, sul dolore e sulla morte.
“ Chi vede l’intera realtà non ha motivo di disperazione ma di speranza “, così Paolo VI 2.1.1969.
Certamente, ci ammonisce il Papa, “la nostra speranza è speranza di cristiani ancora in cammino”. La fede, la pazienza, l’umile e fiducioso ricordo al Cristo perennemente presente nella Santissima Eucarestia sono il necessario sostegno della nostra speranza, “sicuri che chi confida nel Signore, non resterà deluso in eterno e non soccomberà lungo la strada della realizzazione delle promesse di Dio “ (Paolo VI – 2.1.1969).
4 – Ultimo e dolce argomento di speranza per ogni sofferente:
l’Immacolata, dono di Dio fatto a Se stesso ed all’umanità.
Da Lei è venuto l’autore della vita, Cristo Nostro Signore. A Lei è rimasto il Cristo intimamente unito, fino a respirare col cuore della propria Madre ed essere offerto al tempio per il sacrificio della Salvezza.
A Lei ed a Giuseppe rimase il Cristo sottomesso per inserirci la strada dell’umiltà e dell’ubbidienza.
Per mezzo di Lei operò il primo miracolo di santificazione fin dal seno materno: Giovanni il Suo precursore.
A Sua richiesta, Gesù operò il primo miracolo a Cena, da cui scaturì dal cuore degli Apostoli la fede in Lui.
Con Lei volle soprattutto offrire se stesso sulla Croce. A noi l’additò quale Madre premurosa in quel tremendo venerdì stesso.
Con Lei erano gli Apostoli riuniti nel Cenacolo nell’attesa dello Spirito Santo.
Con Lei gli Apostoli iniziarono l’opera di evangelizzazione. E’ a Lei che noi tutti, ma specialmente quanti soffrono nell’anima e nel corpo devono guardare, per imitare in tutto il Cuore di Cristo e non sentirsi mai soli.
Fedele fu la Vergine Santa ai piedi della Croce, altrettanto fedele, Ella è accanto alla Croce di ogni sofferente, affinché con Lei ed in Cristo venga compiuto l’intero sacrificio, quello del Cristo storico e quello delle membra del Suo Corpo Mistico, a beneficio dell’umanità, e completezza del numero degli eletti.
Veramente le speranze degli ammalati sono la speranza del mondo: oggi l’umanità ha bisogno di anime generose che guardino fuori di sè e sappiano vedere oltre le apparenze affinché le speranze di ognuno non restino deluse.
Concludiamo con le parole di S. Paolo: “ che il Dio della speranza Vi ricolmi di ogni gioia e di pace nella fede, si che la Vostra speranza addirittura trabocchi per virtù dello Spirito Santo” (Rom. XV, 13).
Così sia, cari sofferenti, per voi e per tutti. Amen!
(Relazione tenuta al Congresso Eucaristico di Pescara)
Sac. Luigi Novarese
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