L’Ancora: n. 3/4 – marzo/aprile 1979 – pag. 1-3

Il 6 aprile ebbi la grande gioia di essere ricevuto dal Santo Padre in privata udienza per presentargli l’apostolato del Centro Volontari della Sofferenza.
Mi accolse desideroso di conoscere tutto l’apostolato e glielo illustrai dal suo nascere al Convegno di prossima attuazione, quello sull’etica sessuale.
Il Papa guardò prima di tutto i nominativi di quanti si sono impegnati a pregare per lui durante l’arco delle 24 ore.
Era visibilmente commosso!
Gli presentai anche le lettere di tutte le adesioni all’impegno di preghiera perché si potesse rendere conto del numero di quanti avevano scritto.
lì Papa guardò pure l’album delle varie attività del Centro, mentre prendeva conoscenza del numero dei partecipanti agli Esercizi Spirituali e guardava le date di questo anno.
Si è interessato dei Sacerdoti ammalati in pellegrinaggio a Lourdes; abbiamo parlato del Convegno Sacerdotale dell’anno prossimo e della posizione attiva che l’ammalato ricopre e svolge nella vita della Chiesa.
Il Santo Padre con tanta commozione mi ha detto: “sono debitore agli ammalati, – glielo dica -; più volte ho già incontrato i Volontari della Sofferenza nelle pubbliche udienze”.
Il Papa ha affermato che è preciso impegno dei sofferenti pregare ed offrire per le sue intenzioni e la sua persona.
Quest’impegno corrisponde proprio al terzo punto del nostro statuto e se prima lo vivevamo con gioioso amore, dopo tale manifestazione di affetto e di attesa non possiamo fare a meno di guardare verso di lui e di costantemente offrire senza stancarci mai.
Egli realmente è il Vicario di Cristo, posto alla sommità della Chiesa per illuminare, incoraggiare e sostenere.
Ma chi non si commuove quando lo si vede alla finestra del suo studio privato che non si stanca mai di parlare con i suoi figli che gremiscono la sottostante piazza di S. Pietro, dialogando con essi, spronandoli, sorridendo e con loro cantando?
Il Papa cammina con la Chiesa che è l’insieme di tutti i fedeli e per ogni categoria ha una parola di speciale riferimento. Non illudiamoci che sia facile fare il Papa.
Egli come il Cristo è segno di contraddizione. Sente gli osanna e sente pure i vari “crocifiggilo”.
A noi restare accanto a lui nel doloroso Getzemani del suo delicato lavoro.
Il Papa abbia la gioia di vedere i suoi figli prediletti, gli ammalati, sempre vigili in preghiera ed offerta di intercessione e di riparazione.
Il pensiero che gli ammalati lo seguono e lo sostengono dà a Lui conforto: che tale pensiero abbia una totale realtà di corrispondenza perché ogni ammalato possa dire come scriveva la piccola Bernardetta a Pio IX “io voglio essere il vostro “zuavo” “, intendendo così la guardia di corpo del Papa.
Ed ancora la Bernardetta si domandava. “Che cosa potrò fare, Santo Padre, per testimoniarVi il mio amore filiale? Posso solo continuare ciò che ho fatto fin’ora, cioè soffrire e pregare. Le mie armi sono la preghiera e il sacrificio, che conserverò fino al mio ultimo respiro. Allora soltanto, l’arma del sacrificio cadrà, ma quella della preghiera, mi seguirà in cielo dove sarà molto più potente che su questa terra d’esilio”.
Sia così anche per tutti noi: il Papa ci ama e confida in noi, rispondiamo a così grande amore paterno e non deludiamo le sue aspettative! Quello che facciamo per lui è sempre tanto poco perché da lui si riversa su tutta la Chiesa.

Sac. Luigi Novarese