L’Ancora: n. 6/7 – giugno/luglio 1955 – pag. n. 1-5
L’essenza dei Volontari della Sofferenza non consiste nell’estensione degli impegni di trovare nuovi aderenti, bensì nel vivere in grazia per essere spiritualmente operanti.
La base del nostro lancio di apostolato è la Vita di Dio, che è stata posta a nostra disposizione, la grazia santificante, mediante la Passione e Morte di nostro Signore Gesù Cristo.
Nell’accettazione del dono immenso, che il Signore ha fatto alle anime nostre, la partecipazione alla Sua Vita divina, noi riacquistiamo la nostra antica fisionomia perduta con il peccato, e riprendiamo altresì il nostro posto perduto nella Gerusalemme celeste.
Si è parlato già altre volte dell’importanza della vita in grazia. Ma non se ne parla mai abbastanza, essendo la vita trascorsa in grazia il mezzo, con cui noi raggiungiamo il fine ultimo della nostra vita di creature.
L’impegno dunque dei Volontari della Sofferenza è un impegno identico all’impegno di tutti i Cristiani, che si accetta e si promette di voler mantenere nel giorno del santo Battesimo.
In quel giorno fortunato della nostra nascita alla vita della Chiesa, il giorno del nostro Battesimo, noi abbiamo rinunciato al demonio, al mondo ed alla concupiscenza.
In quel giorno santo, il più bello perché segnava l’inizio alla Vita di Dio in noi, siamo stati crocifissi con nostro Signore Gesù Cristo per vivere non più per noi, ma per Iddio; noi siamo con Lui morti e sepolti al peccato, e risorti alla luce della Vita di Dio.
Quest’impegno ha conseguenze meravigliose da una parte, estremamente delicate dall’altra. Conseguenze meravigliose: la prima conseguenza meravigliosa della no vira vita in grazia è che noi non siamo più soli. La vita nostra trascorre in due: noi, più Dio.
Non siamo più noi che viviamo, bensì è Cristo che vive in noi.
Noi siamo la Sua meravigliosa continuazione. Noi facciamo parte del Corpo Mistico di nostro Signore Gesù Cristo. Noi siamo deificati.
In quante forme, ed una più bella dell’altra, nostro Signore Gesù Cristo ha voluto insegnarci la vita della Grazia, che Egli ci ha riconquistato. Il Vangelo è pieno di belle similitudini.
Come è bello sentirsi una cosa sola con nostro Signore Gesù Cristo. Noi ammalati però siamo in quella posizione meravigliosa, in cui era Gesù quando il Padre celeste riconciliava il mondo a Se stesso, mediante l’offerta del Suo divin Figlio.
Quello che però è ancora più sublime per noi è ciò che dice S. Paolo nella seconda lettera ai Corinti, cap. V, versicoli 17-20: « Questo nostro rinnovamento viene da Dio, autore di ogni bene, il Quale per i meriti di Cristo ci ha riconciliati con Lui, ha cioè restituito la Sua grazia a noi, che per il peccato eravamo nemici suoi, ed ha partecipato a noi il mistero di comunicare agli altri questa riconciliazione.
Dio infatti riconciliò il mondo con Se stesso per mezzo di Cristo, perdonando agli uomini gratuitamente i loro peccati per i meriti di Cristo, Suo Figliuolo ed ha affidato a noi apostoli la missione di predicare a tutti gli uomini la grazia di questa riconciliazione ».
S. Paolo parla di tre cose ben distinte: a) l’azione di Dio; b) l’azione degli apostoli; c) l’accettazione del piano divino da parte delle creature.
Gli apostoli hanno per primi il compito di evangelizzare e di attuare questa riconciliazione, mediante i Sacramenti.
Noi ammalati, in senso più largo, possiamo associarci a questo piano apostolico di evangelizzazione e di missione sacerdotale, mercè la nostra vita di preghiera e di sacrificio, che attira la divina grazia sulle anime.
E così si può dire di noi, ciò che S. Paolo dice degli apostoli « posuit nos » ci ha « posti » quali apostoli per l’opera della riconciliazione, completando la Passione di Gesù Cristo.
Ecco il motivo per cui ancora con S. Paolo, possiamo ripetere il tema più bello della nostra gioia anche nel dolore: « Io sovrabbondo di gaudio in tutte le mie tribolazioni ».
Ma chi dona a noi questa gioia immensa, questo gaudio sovrabbondante nelle nostre tribolazioni se non la Vita stessa di Dio, che circola nell’anima nostra e che ci fa spaziare nella Sua stessa infinità.
Se questa gioia è nel cuore di tutti i Cristiani, perché tutti inabissati nella Vita di Dio, quanto più devono sovrabbondare di gioia i sofferenti, che hanno in sé, mediante il proprio sacrificio, la sorgente della riconciliazione, ossia la Passione di Gesù?
Tattica d’apostolato paolino
Nella nostra vita di ammalati non siamo noi che « ci siamo scelti » questo posto di privilegio, di associati al piano della Redenzione, ma il Signore, dando a ciascuno di noi il proprio compito da svolgere.
Questa volontà divina si è manifestata a noi attraverso cause seconde, le quali però hanno determinato la nostra vocazione.
Com’è simpatico considerare nelle lettere paoline la tattica di apostolato del grande Apostolato, atterrato sulla via di Damasco dalla grazia di nostro Signore Gesù Cristo.
Egli espressamente dice nella sua prima lettera ai Corinti, cap. IX, ver. 22 « mi sono fatto debole con i deboli per conquistarli a Cristo. Mi sono fatto tutto a tutti per tutti salvarli ».
Le parole « factus sum infirmis infirmus », evidentemente non stanno ad indicare che S. Paolo si sia reso ammalato per conquistare gli ammalati, bensì che egli abbia sperimentato in sé la debolezza, l’infermità spirituale, l’angoscia, il dolore nel senso più pieno, per meglio comprendere i propri fratelli, vittime delle stesse conseguenze del peccato, per attirarli tutti alla vita della grazia.
Ma noi infermi, con maggior ragione, e potremmo dire con maggior pienezza, possiamo applicar a noi le parole di S. Paolo, « Ho accettato la mia sofferenza per vivere accanto al mio fratello sofferente, per conquistarlo alla vita di nostro Signore ».
Oh i benefici effetti. della vita della grazia, che rende i nostri orizzonti così vasti, così ampi, così luminosi!
Importanza di questo apostolato
Abbiamo gli stessi orizzonti di Dio.
Come nel corpo ci sono tante membra e tutti i membri non hanno la stessa funzione, così anche nella Vita della grazia noi siamo molti membri, uniti tutti in un Corpo solo, che è il Cristo.
L’importanza però di un membro nel corpo è data dalla sua necessità per la vita dell’organismo.
La sofferenza è stata lo strumento base della Vita spirituale. Gesù Cristo avrebbe potuto benissimo scegliere un’altra forma di redenzione. Egli invece ha scelto la forma del sacrificio per donare a noi la vita.
Gli ammalati allora, per la loro funzione di membri della riconciliazione del mondo con Dio, sono i membri più delicati, e più importanti della vita di questo organismo che è la Chiesa.
E’ dalla Passione di Cristo che noi tutti siamo stati redenti.
E’ dalla vita vissuta in grazia di tutti i sofferenti che noi abbiamo il bilancio dei tanti peccati che si commettono nel mondo.
Ecco il motivo per cui la Madonna a Lourdes ed a Fatima non si stanca di ripetere il Suo materno e solenne richiamo alla vita della grazia.
La Madonna si lamenta che molte anime vadano all’inferno perché non c’è chi preghi e si sacrifichi per esse.
Ecco il motivo per cui dobbiamo portare i pesi gli uni degli altri, perché tutti formiamo un Corpo solo, di cui Cristo é il Capo e tutti noi le membra.
Accettiamo la nostra missione. Viviamola con impegno. Il Signore ci ha scelti. Ed allora se il Signore ha avuto un occhio di speciale riguardo per noi, se ci ha visti fin dall’eternità e ci ha posti in questa missione di riconciliazione, come avremo ancora il coraggio di reagire dinnanzi a Dio, che attende l’opera nostra per la pacificazione dell’umanità?
Fratello, il mondo ha bisogno di noi. E’ Gesù che ha lasciato a noi questo compito. Egli vuole oggi continuare la Sua opera redentrice per mezzo nostro. Ha lasciato a noi il mezzo con cui possiamo continuare la sua Passione, per il maggior sviluppo della vita della grazia.
La Madonna attende la nostra cooperazione per avere la gioia di avere vicino a Sè tutti i suoi figli e poterli presentar tutti al Cuore del Suo Gesù.
Fratelli « come aumentano in noi i dolori, che ci rendono simili al Cristo, così aumentano anche le consolazioni che riceviamo per mezzo di Gesù Cristo » (IIa Cor. I°, 5).
Chi di noi ha accettato la propria croce e si è serenamente abbandonato in Dio, per mezzo di Maria, sa che le parole di S. Paolo sono una realtà, anche tra i più grandi spasimi del corpo e le più aride desolazioni dell’anima.
L.N.
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