L’Ancora: n. 1/2 – gennaio/febbraio 1956 – pag. n. 12-17
Sabato sera 14 gennaio, noi eravamo con un gruppo di Silenziosi Operai della Croce all’Abbazia delle Tre Fontane, dai Padri Trappisti per il canto di Compieta: stavamo recitando il S. Rosario nell’attesa che i monaci dessero inizio al divino Ufficio, mentre Giunio Tinarelli, a Terni, nella medesima ora chiudeva la sua giornata terrena.
Diciotto anni di immobilità assoluta perché affetto d’artrite deformante
Il 14 maggio 1955 Giunio scrive:
— In questi giorni ho fatto 23 anni di malattia e 17 anni d’immobilità assoluta (sono stecchito come un morto, l’unico movimento che ho sono I gomiti e le mani) nel mio letto dl sofferenza ho trovato la vera felicità, la più grande gioia è quella di accostarmi al Banchetto Eucuristico tutte le mattine per cibarmi di Gesù Ostia.
Conobbi Giunio in pellegrinaggio a Lourdes.
Stavamo per arrivare alla Città santa. Una Dama mi dice che nel con-voglio del treno, con noi vi era un signore che da 36 anni non si accostava più ai Sacramenti: essa domandava preghiere.
Mi accosto allora a Giunio, gli espongo il caso e gli chiedo se invece della guarigione volesse domandare alla Madonna la conversione di un’anima.
Ecco la risposta:
— Non avrei chiesto la mia guarigione, bensì la conversione di una persona a me tanto cara. Dal momento in cui Ella mi presenta un’altra intenzione, volentieri pregherò per questa persona. All’altra ci penserà il Signore.
Due giorni dopo l’uomo, che da 36 anni non si accostava più ai S. Sacramenti, si confessava e riceveva la S. Comunione vicino alla propria sposa.
In seguito Giunio divenne un fervido propagatore dei «Volontari della Sofferenza», trovando in essi il completamento delle sue aspirazioni ed il coronamento del suo apostolato.
La sofferenza per lui non era il male che gli impediva di avere un posto nella società.
Il male fisico, così mi scriveva, non mi fa soffrire e neppure il disagio morale della malattia, perché il Signore si è degnato di farmi gustare la croce.
Le sofferenze mi hanno permesso di essere molto vicino a Gesù Crocifisso.
Il pensiero che mi sostiene nella mia malattia è il grande amore che ho per Gesù e per Maria Santissima.
Giunio era devotissimo della Madonna.
Il Rosario che teneva continuamente attorno al braccio non era un simbolo, ma l’indice della unione che continuamente conservava con l’Augusta Regina del Cielo e della terra Madre nostra dolcissima.
La sofferenza aveva bussato allo porta del suo cuore quando egli stava per decidere il proprio stato.
L’accolse non come una nemica, ma come un’amica, non con volto rassegnato bensì gioioso.
— Amo la sofferenza! Gesù, malgrado la mia indegnità, mi vuole vicino a Lui crocifisso.
Giunio non ha nessun rammarico per la vita che egli ha lasciato.
— Ringrazio il Signore che mi ha distaccate da tutte ciò che è terreno, felice solo di possedere Lui.
La mia esistenza è tutto un programma di preghiere e di ringraziamento.
Giunio comprese l’invito di Nostro Signore: lo voleva santo, non però nella via comune della famiglia, ma sul Calvario. Giunio sarà sempre un operaio. Non più delle acciaierie di Terni, ma operaio dello spirito. Avrà ormai un programma ben determinato: estendere e realizzare al massimo le richieste della Vergine Santa rivolte a Lourdes ed a Fatima.
Prima ancora che si scrivesse al Centro Volontari della sofferenza Giunio aveva già concretizzato il suo amore verso la Madonna, fondando a Terni la Sezione dell’Unitalsi.
Eravamo in camera di Giunio, dopo la sua morte. Mi si accosta un signore:
— Sono Barelliere da 15 anni; è Giunio che mi ha posto su questa strada. Devo tutto a Lui.
Il Professore Antonelli, membro fattivo dell’Unitalsi di Terni, pubblica i manifesti annuncianti la morte del fondatore dell’Unitalsi Ternano.
I Barellieri e le Dame di Terni durante i funerali del caro Giunio attuano un’iniziativa tanto bella quanto cara al cuore di tutti coloro che sono stati nei Santuari mariani, Lourdes Loreto, Re.
Il trasposto di Giunio dalla casa alla Cattedrale e dalla Cattedrale al cimitero avviene sull’imbrunire tra uno stuolo di persone che, mentre indistintamente tutte recitano il S. Rosario, tengono in mano la tradizionale fiaccola, con la scritta: Ave Maria.
Veramente che possiamo noi paragonare Giunio ad una delle Vergini prudenti deI Vangelo, che vigili attendono l’arrivo dello sposo.
La morte avvenne, ma non all’improvviso. E’ morto un grande benefattore di Terni, si sente ripetere per le vie della città. Questo mondo non è altro che una valle di lacrime, scrive Giunio, dunque miei cari siamo generosi col Signore, cerchiamo di staccarci sempre di più da questa terra per fare sempre più la Volontà di Dio.
Solo così potremo trovare la vera felicità. Al Centro si diceva: Se la Madonna si porterà Giunio in Paradiso, ciò dovrà avvenire in un giorno ad Essa dedicato.
Così infatti avvenne. Al cadere della sera, poco dopo il suono dell’Ave, Giunio intonava con gli Angeli del Cielo un’Ave senza fine.
Dire che Giunio fosse rassegnato è troppo poco; contento egli era della propria sofferenza.
Come si può dire di fare la Volontà dl Dio se non la si fa con gioia?
Dirigeva il gruppo dei Silenziosi Operai della Croce, sezione maschile.
Egli era l’Incaricato nazionale. Partecipava agli Esercizi Spirituali per ammalati. Prese parte anche al primo corso di Esercizi che avvenne ad Oropa. In seguito veniva anche al Santuario di Re.
Giunio, di statura, era alto. La famiglia aveva fatto fare per lui una barella speciale.
Al primo viaggio per Re, le ferrovie non avevano posto in binario la vettura adatta e richiesta.
Giunio fa appoggiare la barella all’ingresso del vagone, vicino allo sportello, sopportando i disagi non lievi ed inevitabili della posizione pur di partecipare ai convegni.
Negli incontri e nelle adunanze la sua caratteristica era uno spirito di estrema decisione e di completa decisione per tutto quello che riguardava gli interessi di Dio e l’onore della Madonna, non disgiunti da una nota di serenità che rendeva bella e gioioso anche la decisione più Impegnativa.
Egli era di poche parole, ma decise. Non ammetteva le mezze misure Era rigido con sé e non tollerava che collettivamente, si dovesse venire meno in qualsiasi cosa che riguardasse la Vergine Santa.
Verso i singoli invece era pieno di compatimento; per tutti egli pregava.
Scherzosamente, durante i pellegrinaggi, lo chiamavano Il generale, perché nonostante la sua immobilità guidava la massa dei malati.
L’ultima volta che lo vidi fu verso la metà di dicembre.
Giunio già stava tanto male.
Parlò con lo stesso entusiasmo. La unica sua preoccupazione era la mamma e la famiglia.
Dinanzi alla mamma ed alle sorelle che piangevano, rivolgendosi alla mamma, dice a me:
— Io dico sempre a mia mamma che è una egoista.
— E perché?
— Perché vorrebbe che io non morissi mai. Vorrebbe tenermi sempre presso di sé. Ma bisogna pur fare la Volontà di Dio! E la Volontà di Dio non si fa piangendo.
Ma anche la Madonna piangeva vicino a Gesù Crocifisso, diceva scusandosi la mamma.
E Giunio, sorridendo:
— No no, la Volontà di Dio bisogna farla bene. Mia sorella poi — continuava Giunio nella stessa circostanza — vorrebbe che chiedessi la guarigione! Ma non comprendono, e così dicendo il caro infermo faceva un gesto caratteristico con la mano verso l’alto, congiungendo la bocca ad una leggera smorfia, non comprendono che io su questo letto ho trovato la mia felicità, perché dovrei allora cambiare posizione?
— Farei così la mia volontà e non quella di Dio.
— Vede? Qui passano tante persone. Alcuni mi dicono che seno incosciente, che non comprendo la gravità della mia situazione ed io allora rispondo:
— Certamente con quello che voi dite qui c’è dello squilibrio; sta a vedere da che parte lo squilibrio sta.
Alla mamma che gli diceva: non vorremmo più vederti soffrire, rispondeva:
– Diciotto anni d’Immobilità sono passati come un attimo. Essi non ci appartengono più.
Anche il dolore è finito.
Giunio aveva negli occhi una pace profonda, la tranquillità di chi si è assicurato un grande possesso.
Nemmeno il Paradiso per Giunio era considerato come un tranquillo possesso, se così possiamo imprecisamente pronunciarci. Anelava incontrarsi con la Madonna, vedere Dio, pensava ancora ai suoi malati, al suo apostolato che avrebbe voluto continuare, alla casa di Re che bisogna costruire.
— Se vado in Paradiso voglio svegliare tutti i Volontari della Sofferenza ed i Silenziosi Operai della Croce che già sono lassù, per farli ritornare dalle ferie.
E’ ora dl lavorare per il Centro anche per quelli che sono in Cielo e che hanno appartenuto alla nostra Associazione.
Ed io allora gli parlavo di Gino Di Astore, di Loda Colaceci, e di altri fratelli che ci hanno preceduti e lui:
— E come non li conosco? Lasci, lasci che arrivi lassù e poi vedrà come lavoreremo per il Centro!
Rimasti soli in camera, ancora continuava l’angoscioso discorso del dolore che provavano la mamma e le sorelle per la sua dipartita:
— Non appena mi capita una crisi subito si mettono a piangere come se dovessi morire. Io non posso parlare e non posso tenerle serene. Appena mi sta passando la crisi, mi sforzo di parlare per dire loro una freddura per farle ridere un po’ ed assicurarle.
Eravamo intesi che sarei andato a trovano ai primi di gennaio. Non ho potuto. Ci siamo, parlati per telefono. Volevamo andare il sabato della sua morte, decidemmo invece di andare domenica. Domenica andammo a Terni, ma Giunio già era in Cielo.
Vennero pure a Terni un gruppo di ammalati, di Silenziosi Operai della Croce, qualche Dama, che lo conoscevano bene. Una preghiera sola fiorì vicino alla sua saLma: il Magnificat, recitato da tutti, sia pure col cuore gonfio, ma pieno di santa pace, perché la vita di Giunio era stata tutta un cantico di gioia per l’attuazione della Volontà di Dio, nel più completo abbandono a Maria Santissima.
Un’ubbidienza è stata ancora dato al caro Giunio, prima che fosse chiuso nella bara:
Ottenere tante grazie da Dio, per mezzo di Maria Santissima, per dimostrare che la Madonna guida questo apostolato. Accanto alla sua salma fu recitato in continuità il S. Rosario. Attorno al braccio Giunio aveva ancora la corona che gli aveva donato il S. Padre nell’udienza che gli aveva concesso qualche anno fa.
Con quel Rosario è stato fatto il cambio con un altro Rosario affinché restasse a noi il prezioso testimone di tante sofferenze nascoste, silenziose, ma vive e cocenti. Sua Eccellenza il Vescovo di Terni attendeva la salma di Giunio in Cattedrale: assistette alla Santa Messa e alle esequie, poi parlò di Giunto, della valorizzazione, del dolore.
Sua Eccellenza felicemente mise in evidenza il segreto della serenità della vita del nostro caro infermo:
Giunio è stato un’anima serena e luminosa perché possedeva Dio.
Riceveva Gesù tutti i giorni, Gesù è stato il sole della sua vita. Gesù ha divinizzato la sua vita e ha fatto di lui il suo prolungamento per il completamento della Passione da Lui iniziata sul Calvario.
Se una parola ci è ancora lecito dire sia quella di S. Paolo:
Non siamo noi come quelli che non hanno speranza.
Per il Signore c’è tanto da fare. Il cielo e la terra devono essere riuniti per la salvezza dell’umanità.
Solo così possiamo dire di fare la Volontà di Dio, di non essere inutili al mondo, di mettere Il nostro dolore sulla bilancia del progresso sociale, perché la sofferenza, in questa maniera, diventa produttiva, diventa il tesoro che Gesù Cristo stesso ha posto dinanzi all’Eterno Padre per la salvezza del mondo.
L. N.
Scrivi un commento