L’Ancora: n. 2 – febbraio 1954 – pag. n. 23
Carissimi, voglio oggi parlarvi di Don Silvio Gallotti. L’avete sentito nominare da Mons. Novarese nel giorno in cui fu benedetta solennemente la statua del Cuore Immacolato di Maria, prima pietra della casa di Re?
Chi è Don Gallotti?
Non è possibile dirvi tutto di lui in poche righe di una Rivista.
Solamente cercherò di narrarvi, il più fedelmente possibile, un piccolo episodio del1a sua vita che mi sembra riprodurre bene la sua fisionomia spirituale. Ecco come mi venne raccontato da un brav’uomo di Re.
«Don Gallotti! Quello sì che era un santo! L’ho visto io predicare, qui, a Re, in occasione della festa di Agosto.
«Era tutto sudato, un tafano gli si era posato sulla guancia. Io l’osservavo e mi arrabbiavo per lui che, infervorato nel dire le lodi della Madonna, l’ha sopportato per tutto il tempo della predica senza fare alcun gesto per scacciarlo».
E il brav’uomo che conosceva bene questo genere di punture, dopo tanti anni non ricordava più la predica, ma la predica dell’esempio di amore alla Madonna e lo spirito di sacrificio ispirato da questo amore, sì.
L’amore alla Madonna, al suo santuario di Re, e il bisogno di parlare di Lei, di farla conoscere ed amare nel suo ufficio di Mediatrice di tutte le grazie, si intrecciò mirabilmente nella vita, di Don Gallotti con l’amore per la passione, per la sofferenza, che furono sempre vicine a Don Silvio.
L’amore alla Croce, con quali parole e con quale ardore ne parlava ai suoi figli spirituali! Questo amore fu il segreto delle sue ascensioni alle più alte vette della santità.
Sofferenze volontarie, veglie, digiuni, catenelle per tormentare il corpo; accettazione lieta e spontanea dell’umiliazione che sorseggiò in tutta la sua amarezza. E poi la lunga malattia incompresa forse perché la Madonna voleva nasconderla, ed infine la lunga, dolorosa sofferenza spirituale assai più spaventosa e tanto simile a quella di Gesù sulla Croce, abbandonato dal Padre.
Tale prova insieme con la lunga e penosissima agonia maturò l’anima sua nel dolore puro, senza altro conforto che quello della sua grande fede e del suo grande amore al1a Madonna.
Sì, l’amore alla Madonna, la dipendenza, piena e totale da Lei spiega il suo amore alla sofferenza, il suo coraggio, la sua fortezza d’animo. Sperimentò quello che insegnava sovente alla scuola del Trattato della Vera Devozione. « La devozione a Maria è la confettura delle Croci».
Ed Egli quante volte ha portato qui a Re il peso del1e sue sofferenze per deporlo nel Cuore Immacolato della Madonna. In uno dei suoi pellegrinaggi confidò di non aver visto che una grande croce. Ma intravide anche che da Re sarebbe partito tanto apostolato di amore alla Madonna e non solo per la diocesi di Novara.
State per iniziare i lavori della Casa del Cuore Immacolato di Maria, che sarà la vostra casa. Nel fondamento troverete la sofferenza di Don Gallotti e il suo esempio per sostenerla.
Nei prossimi numeri della Rivista cercheremo di pubblicare i brani più salienti della vita di Don Gallotti.
(Nota di Redazione)
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