L’Ancora: n. 4 – aprile 1952 – pag. n. 1-4

« In verità, in verità vi dico che se il grano di frumento, caduto in terra, non muore, resta solo; ma se muore, produce molto frutto ».

Pochi giorni separavano Gesù dalla sua passione. Aveva cercato tutte le occasioni per spiegare agli Apostoli quanto fosse necessario che il Figliuol dell’Uomo morisse per la salvezza dell’umanità.
La Maddalena aveva versato sui piedi del Maestro, in Betania, durante il banchetto, dopo la resurrezione del fratello Lazzaro, l’unguento prezioso; e Gesù ancora una volta, in maniera quanto mai solenne, parlò della sua morte: « In verità, in verità vi dico che se il grano di frumento, caduto in terra, non muore, resta solo; ma se muore, produce molto frutto ».
Inizio solenne: « In verità, in verità vi dico… ». La parola di vita balzava attraverso i secoli e dava la spiegazione all’angoscioso perché della sofferenza e dell’incomprensibile, umanamente parlando, perché della Passione del Redentore.

Oh se il chicco di grano non si lasciasse prendere dall’agricoltore nel giusto tempo della semina e non si rassegnasse a vivere per mesi e mesi nel buio della terra e non permettesse al germe di vita, che ha in sé, di svilupparsi e di stendere i suoi tentacoli nella terra stessa per assorbire la linfa vitale a costo di sacrificare l’involucro che l’avvolge, non potrebbe sbucare ancora una volta alla superficie della terra, e rivedere il sole, e crescere rigoglioso, e donare la sua spiga, tesoro, ricchezza, patrimonio di chi lo coltiva!
Il chicco di grano deve lasciarsi prendere, deve rimanere per lungo tempo nell’umido freddo delle zolle e deve cooperare con l’elemento che l’avvolge a scapito dell’involucro che racchiude il seme di vita per continuare così a vivere, rivedere ancora la volta celeste e moltiplicare la vita.

Gesù è il primo chicco di grano, grano di vita che cade nel seno terra per l’accettazione e cooperazione alla volontà del Padre celeste, e che risorge poi al terzo giorno, donando i suoi frutti incorruttibili.
E’ pure chicco di grano la Vergine benedetta, nostra Madre, maestra e regina, la quale, proclamandosi umile serva del suo Signore, si lascia gettare nel terreno fertile della volontà divina e coopera con tutto il suo essere all’attuazione del piano della redenzione, anche se doloroso, estenuante e crocifiggente. « Se il grano di frumento, caduto in terra non muore, resta solo ». E Maria Santissima è scomparsa, per così dire, nella volontà di Dio, ha cooperato con essa sempre, anche nei momenti più dolorosi al punto di meritare l’elogio del suo divin Figliolo: non è grande la mia madre perché ebbe la sorte di darmi alla luce, bensì perché ha fatto sempre la volontà del Padre.

La volontà di Dio è il terreno, in cui il chicco della nostra ben piccola personalità deve scomparire. L’attuazione della divina volontà è il compito più importante per ogni creatura. La morte a se stessi è ben più dura della morte del corpo.
Questa morte fu dura per Gesù, fu dura per Maria SS.ma, fu dura per i Santi ed è altrettanto dura per noi.
Il pensiero però della fecondità del sacrificio addolcisce questo lento, passivo ed attivo, estenuante logorio.
Il pensiero che è il Divino Agricoltore a gettare la nostra volontà nel bel campo della sua divina volontà è tale da sostenere i nostri cuori, dare loro forza, speranza e dolce abbandono.
Dio è amore. La volontà di Dio è una volontà amorevole, che vuole il nostro maggior bene. Seppellirsi nella volontà di Dio vuoi dire seppellirsi nell’amore.

Il chicco di grano lascia che la terra compia la sua lenta opera di maturazione e di distruzione. E noi ci lasceremo portare dalla volontà di Dio. Dio farà di noi quello che Egli vuole, quando e come lo vuole. A noi spetta soltanto dire di « sì ». In questo abbandono totale, in cui l’anima tiene fisso lo sguardo sulla divina volontà, senza badare al tormento della morte a se stessa, consiste la massima perfezione.

Il chicco di grano sviluppa la vita che ha in sé a detrimento dell’involucro che la racchiude. E l’anima nostra attua la divina volontà, opera con essa, senza badare se il corpo, involucro che custodisce la vera vita, soffre, si logora, muore.
La rottura dell’involucro del chicco di frumento è segno che il germe di vita sì sviluppa, getta nella terra i suoi tentacoli, assorbe da essa tutto ciò che gli è necessario alla vita e dona all’agricoltore, che lo coltiva, il suo frutto. Così la sofferenza dell’anima, nel logorio della propria volontà, contrastante con quella di Dio, e la sofferenza del corpo, che lentamente ci distrugge, significa che l’anima getta i suoi tentacoli in Dio, prendendo da Lui, terra in cui vive ed opera, tutto quello che le è necessario per la propria vita rigogliosa, donando poi al Divino Agricoltore i suoi frutti: la cooperazione con Gesù alla redenzione dei fratelli.

Senza pane la vita è travagliata; senza il frutto dell’anima, scaturito dalla morte a se stessi, nell’ordinamento cristiano sociale degli uomini vi è squilibrio. I nostri desideri, piccoli, meschini, di visuali ristrette, li seppelliremo nelle grandi idealità che il Signore certamente ha per ciascuno di noi. Solo così la nostra apparente inoperosità è vita intensa, rigogliosa, piena di frutti e di spirituale bellezza.

« Quando sarai vecchio ci sarà chi ti legherà e ti porterà dove tu non vorrai », disse Gesù a Simone Pietro, alludendo alla sua morte. Quando l’anima nostra avrà compreso la via della vita, ci sarà la volontà di Dio che ci conduce, proprio dove noi di solito non avremmo voluto per nessun motivo andare. Eppure questo abbandono che lascia fare e coopera con la volontà di Dio è la condizione sostanziale per riportare frutti.
Guai al chicco di grano che si ribellasse alle leggi della natura; sarebbe la sua morte. Guai all’anima che si ribellasse alla volontà di Dio: non sarebbe da Dio riconosciuta.

Il dolore costa, però la vita che si dona è bella e ridente. Il dolore è sempre compagno della vita.
Il chicco di grano si lascia gettare con semplicità, con abbandono, senza pretese e senza protesta. L’anima si dona, lascia che Dio faccia con abbandono, con semplicità, senza pose, senza sentimentalismi.
« Sì », dice semplicemente Gesù; « sì », ripete la Vergine benedetta; « sì », diciamo anche noi. Ed in questo « sì » sta racchiuso tutto il nostro abbandono, che « lascia fare » e che « opera » serenamente, con gioia e fedeltà, sicuri che dopo il grigiore della terra, sì, rivedremo il sole della vita che non tramonta e solo così possiamo donare attorno a noi tanta ricchezza.

L. N.