L’Ancora: n. 5/6 – maggio/giugno 1984 – pag. 1-6

Nel pensare al cammino dei Centro, ho dinnanzi a me due documenti: la Circolare Bianca agosto-settembre 1976 sul tema: “ Necessità che i Volontari della Sofferenza diano nella Chiesa la propria specifica testimonianza “ ed il discorso tenuto dal Santo Padre ai giovani di Bari il 26-2 u.s.
Il Santo Padre nel suo discorso chiaramente indica la propria preoccupazione e rivolge ai giovani uditori queste parole: Tra qualche anno, carissimi giovani, sarete nel pieno della vostra maturità; sarete gli uomini dei duemila.
Nell’intento di preparare questi giovani, il Santo Padre, con molta paterna chiarezza, li invita ad avere coscienza dei valore della propria giovinezza, delle sue possibilità, come pure dei suoi limiti.
Illustra loro, poi, il compito della fede e li invita a compiere in se stessi un serio esame di ciò che sono, di quello che devono essere e di quanto potranno fare.
É un discorso molto chiaro, fatto a cuore aperto, diretto a responsabilizzare coloro che domani daranno il tono al duemila.
La storia, del resto, si costruisce poco a poco, con tante pedine, tanti sforzi e la si prepara secondo i criteri di coloro che vivono il momento presente. Gli altri ne subiranno le conseguenze, buone o cattive. La responsabilità di avere coscienza di se stessi è evidente e, proprio come invita il Papa, si deve “ avere una chiara consapevolezza di ciò che siete “.
“ Questo è un presupposto elementare, perché possiate – dice ai giovani – dare una risposta valida ai problemi, personali e contribuire a rivitalizzare l’ambiente in cui vivete, non come spettatori né, tanto meno, come contestatori, ma come veri protagonisti volenterosi e responsabili.
Accanto alla qualifica di gioventù aggiungiamo anche l’altra qualifica, quella di gioventù handicappata, ed allora il senso della responsabilità aumenta e non si può più parlare di semplice socializzazione, ma di socializzazione cristiana, costruttiva nell’imperativo della carità che tutti affratella.
Assistiamo, inoltre, ad un fenomeno: i giovani handicappati vengono ricercati di proposito, quasi come centro di attrazione, senza aver presente la formazione totale dell’handicappato nel piano apostolico della Chiesa, a cui, quale battezzato, deve dare il suo preciso contributo di attività, specialmente nel proprio ambiente di sofferente.
Fuori dal proprio ambiente l’handicappato non trova “ l’analogia della situazione “; “ il mondo della sofferenza – afferma il Santo Padre – possiede quasi una propria compattezza “ (Salvifici Doloris n. 8). Può essere che l’handicappato, anche fuori del proprio ambiente, si trovi al centro dell’attenzione ed acquisti una personale maturità, ma non è mai nella situazione di poter dare e ricevere un contributo collettivo che fiorisce tra fratelli colpiti dalla stessa croce, uniti nella stessa finalità spirituale dai profondi riflessi sociali, come il programma dei nostro Centro, tenendo presente anche il proprio inserimento nella famiglia, nella Chiesa e nella società.

Di fronte al giovane handicappato oggi si aprono, come un ventaglio, tante vie di svago ed anche occupazionali, fino a dare l’impressione di correre all’accaparramento dell’handicappato, dimentichi delle sue esigenze dei tutto e totalmente particolari.
Entusiasmo e delusione sono due momenti quasi contemporanei che si ripercuotono poi sul cuore di chi porta il peso di un handicap quando, alla sera, di ritorno da gite strutturate senza alcun programma specifico, si trova ancora nel proprio ambiente con la prospettiva dell’attesa di un’altra uscita, senza aver nessun impegno da svolgere nel frattempo.
É la triste situazione che si sta verificando da qualche tempo in mezzo agli handicappati. Guardando, d’altra parte, la Circolare Bianca dei 1976, leggo quanto scritto:
“ Compito dell’incaricato Diocesano degli Ammalati “,
“ É compito dell’incaricato degli Ammalati promuovere l’attività dei Consiglio per studiare le iniziative sempre più atte (QUINDI NON IMMOBILISMO) a risvegliare la maggiore comprensione delle finalità del Centro e la più efficiente loro realizzazione, cercando di rimuovere le difficoltà o gli inspiegabili ritardi nell’attuazione dei programma.
“ L’Incaricato degli Ammalati, studiando nel Consiglio l’esigenza della evangelizzazione, deve, quale immediata ed intrinseca conseguenza, esaminare le necessità anche umane della categoria e darsi da fare per una totale promozione sociale e legislativa, a tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, che nel caso, essendo ammalato e bisognoso di tutti, finisce con l’essere il meno ascoltato “.
Il Santo Padre, nella Salvifici Doloris, al numero 29, commentando la Parabola dei Buon Samaritano, tra l’altro dice: “ L’uomo di oggi si ferma con sempre maggiore attenzione e perspicacia accanto alle sofferenze dei prossimo, cerca di comprenderle e di prevenirle sempre più esattamente. Egli possiede anche una sempre maggiore capacità e specializzazione in questo settore “.
Il fermarsi accanto ad un sofferente significa porgergli un concreto sostegno aiutandolo a maturare i propri problemi, osservando le componenti indicate nella Circolare Bianca dei 1976, ossia:
– risvegliare la maggiore comprensione delle finalità che l’Immacolata vuole e che il Papa ha sottolineato a Fatima per il bene dell’umanità;
– esaminare le necessità umane della categoria e darsi da fare per una totale promozione individuale e sociale.

Il Centro di oggi considera l’attività che nelle file dei propri iscritti viene svolta verso i giovani e, con piacere, ne vede molti impegnati nel programma dell’Immacolata ed in programma di apprendistato professionale e di lavoro.
Ma con tutto questo possiamo, in sincerità di animo, affermare che noi, con quanto stiamo facendo, prepariamo l’ambiente della massa dei sofferenti per il piano dell’immacolata ed anche nelle indicazioni della Chiesa, date anche nell’Enciclica “ Laborem Exercens “ per il duemila?
Possiamo essere soddisfatti? Non comprendiamo i pericoli di guerre catastrofiche che ci sovrastano?
Vedo parecchi giovani impegnati ed osservo con vera soddisfazione anche Centri Diocesani che lavorano con impegno, ma tutto il Centro è così? Risulta anche che ci sono dei Centri che non fanno nulla per sviluppare, sostenere od avviare il Settore Giovani e si assiste ad una enorme dispersione di forze. Talvolta partecipiamo ad incontri in cui si trovano anche dei giovani di ottima volontà, senza né essere preparati, né interessati ad uno specifico obiettivo da raggiungere, per cui si allontanano.
Occorre invece preparare l’ambiente dei sofferente di domani secondo le indicazioni della Chiesa e nel sicuro convincimento di sorpasso di “ concezioni materialistiche in via di disfacimento “.
Il Papa con molta chiarezza dice:
“ É vero, Cristo è esigente. Domanda tutto. Fa appello ad una generosità incondizionata. E tutto questo è in piena sintonia con la coscienza giovanile, la quale è incline alla totalità della donazione, aliena dalle mezze misure, ostile al formalismo ed alla superficialità “.
Il Santo Padre suggerisce i mezzi alle generazioni che salgono e sono:
– “ la preghiera “;
– “ la vita eucaristica “;
– “ la devozione alla Madonna “;
– “ l’esercizio dell’apostolato “.

E con questo, che cosa intendo dire?
Intendo dire che il Centro deve camminare con due fiaccole ben accese che sono:

1) La croce, illuminata dall’amore che si dona e che irradia luce sulle croci che ancora non hanno tale luminosità, attraverso l’apostolato di categoria, “ l’ammalato per mezzo dell’ammalato “.
L’Immacolata che, richiamando il tema della Croce ripete ai nostri tempi il programma di Lourdes e di Fatima, accoratamente domanda ai giovani di oggi ed a quelli dei duemila preghiera e penitenza, nell’intento di impedire agli uomini di essere i distruttori dell’umanità.

2) L’handicappato, che deve trovare nella società il proprio inserimento umano, secondo le proprie possibilità.
Per questo mi rivolgo a tutti gli iscritti, per rinnovare l’impegno dei Settore dei Giovani, come, ne L’Ancora precedente, ho fatto appello per il rinnovamento del Settore dei Fratelli degli Ammalati.
L’immobilismo non costruirà mai nulla; l’indifferenza non si identifica con l’amore; il creare stordimento e facili accontentamenti non è costruire.

L.N.