L’Ancora: n. 8/9 – ottobre/novembre 1968 – pag. n. 1-9

Altra attenzione umana e psicologica di Nostro Signore Gesù Cristo sta nel rendere a tutti accettevole, gradito e desiderato in piano soprannaturale, il tema della sofferenza.

Amore e croce

Il peccato ha instaurato nel mondo il dolore, la morte e la separazione. Gesù, vincendo la morte, comanda a tutti di portare con Lui la croce non per instaurare il regno della sofferenza e degli scontenti, ma il regno della gioia perché vede fiorire la vita dal dolore che, trasformato dalla grazia, diventa fonte di vita e spirituale potenziamento per tutti. La possibilità della prova suprema della vita diventa quindi una trepida e dolce, anche se dolorosa, attesa per dimostrare alla creatura amata il proprio sentimento. Il comando quindi del Cristo di portare con Lui la croce è comando all’amore che va dal combattimento contro noi stessi per essere, “in unità consumata” una sola cosa con Lui, fino alla donazione ancora di noi stessi ai fratelli, in spirito di carità, vedendo in essi Dio che attende la nostra testimonianza d’amore.
La creatura che comprende questa nuova legge dice di aver compreso il piano redentivo della carità di Dio. Ecco perché Maria SS.ma è la prima creatura inserita in questo piano di salvezza e con Lei gli apostoli, noi e quanti accettano ed accetteranno il messaggio della Buona Novella.
Quando l’umanità comprenderà questa legge d’amore? Ma quando sarà l’ora di Dio, in cui gli uomini comprenderanno che l’amore si identifica con la donazione di sé stessi e la croce per amore degli altri? Noi ce lo chiediamo, come Gesù del resto se lo chiedeva dopo la guarigione del cieco di Betsaida, mentre andava “coi suoi discepoli verso la borgata di Cesarea di Filippo” (Mc VIII, 27).
Gesù stava pensando agli interessi del Padre, al disegno della Redenzione, alle folle che lo attorniavano, ai discepoli che ormai da tempo lo seguivano. Ad un dato momento, certamente per pensare con più intensità al Padre, si era posto “in disparte a pregare”. Un pensiero era fisso nel suo cuore, dopo tante prove sulla natura della sua missione date ai suoi discepoli, fino a che punto questi avevano compreso il mistero d’amore del Messia, che l’aveva spinto a incarnarsi?
Fino a che punto essi credevano in Lui? Ma la fede è un dono di Dio, ed un dono è dato secondo criteri di modo e di tempo scelti dal donatore. Per questo allora Gesù avanzò ai suoi discepoli questa domanda:
– “Chi dicono le folle che io sia” ?.
Le risposte furono immediate e diverse:
– “Giovanni Battista, altri Elia, altri: uno degli antichi profeti che è risuscitato”.
Non contento di quelle risposte superficiali che non approntavano a fondo il problema, Gesù insiste con una nota di desiderio ed angoscia d’animo:
– “Ma Voi chi dite che io sia” ?.
In quel “Ma Voi”, c’è tutto un richiamo ed un discorso da tempo avviato: Voi che siete con me; voi che mi seguite da tempo; voi che avete assistito al miracolo di Cana; voi che avete almeno una volta creduto in me, chi dite che io sia? La risposta di Pietro fu chiara e precisa:
-”Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo!”.
Lo spirito Santo aveva parlato. Finalmente i futuri apostoli avevano idee chiare; sapevano di essere alla sequela del Cristo come la Vergine Santa sapeva di essere stata invitata da Dio ad essere la Madre del Figliolo Suo.

La missione di salvezza

Se chiara è l’affermazione della conoscenza della sua messianicità, altrettanto chiara doveva essere, sia pure anche per sommi capi, la conoscenza della missione del Messia: una missione di salvezza, una missione di evangelizzazione, una missione di conquista attraverso la croce. Era dunque il momento di poter condurre avanti il discorso già avviato con i discepoli spiegando come il Messia, per esigenze d’amore, si sarebbe sostituito al debitore in fraterna solidarietà, essendosi egli fatto con lui solidale, pur continuando ad essere l’eterno Figlio di Dio e pur rimanendo nel tempo vero Figlio di Maria Santissima.
La risposta di Gesù dice gioia ed esultanza: – “Beato te, Simone, figlio di Giovanni, poiché non la carne ed il sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei Cieli. Ed ecco io dico a te: tu sei Pietro e su questa pietra io edificherò la mia chiesa e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa”.
Il discorso era aperto, la conclusione era chiara: Dio ci ha mandato il Figliol Suo per la salvezza ed il Figlio stabiliva le fondamenta della Sua chiesa, sia pure a prezzo della Sua Passione. Maria SS.ma alla constatazione della possibilità di cooperare al piano messianico eruppe, nel cantico del “Magnificat” in esultanza di spirito “in Dio mio salvatore”, anche se questo si fosse realizzato a prezzo della morte del Salvatore stesso e della sua partecipazione che si sarebbe conclusa con “una spada” che le avrebbe trafitto il cuore. Di fronte all’azione dello Spirito Santo su Pietro, Gesù lanciò la sua rete, continuando il discorso dell’amore che in Lui ardeva imperioso: “Bisogna che il Figlio dell’uomo patisca e sia rigettato dagli anziani e dai capi dei sacerdoti e dagli scribi e sia messo a morte e risusciti il terzo giorno”.
Attimo di silenzio. Sbalordimento generale, la parola di Gesù sembra cadere nel vuoto. Nessuna risposta viene a noi tramandata dagli Evangelisti. E’ questa la prima volta, dopo l’annuncio fatto a Maria SS.ma, che viene apertamente affrontato il piano redentivo: il Figlio di Dio ci ha talmente amato al punto di incarnarsi per patire e morire per la nostra salvezza e per invitare gli uomini ad associarsi a Lui spirito di fede al fine di essere con Lui partecipi del trionfo sul peccato.
Pietro compie un gesto; trae in disparte Gesù, nel silenzio di tutti gli altri apostoli, ed invece di continuare il dialogo della croce con la stessa gioiosità con cui era stato stabilito capo della Chiesa, incominciò a rimproverare il Divin Maestro dicendo: “A Dio non piaccia, Signorè!! Non sarà mai così”. E’ la risposta che dà l’uomo non illuminato dalla fede; è la ribellione di fronte alla prova, è la risposta che lascia il problema insoluto, è l’argomentazione umana. Pietro, evidentemente, non aveva compreso la missione del Messia; non aveva afferrato che il Figlio di Dio ci avrebbe comunicato la propria vita mediante la morte e la resurrezione viste e preannunciate dai profeti.
Aveva ben compreso Pietro che la prova non avrebbe toccato Lui, ma il Divin Maestro. La Sua reazione voleva essere una testimonianza di solidarietà, di risposta riconoscente per quanto gli era stato detto prima. E quale solidarietà migliore nel piano della natura che sfuggire la legge del dolore? Così però non pensava Gesù il quale intendeva dare un significato nuovo al dolore, chiamandolo “ad uscire dal suo disperato isolamento per diventare fonte positiva di bene” (PaoloVI).La risposta di Gesù non si fece attendere.
Pietro aveva parlato in privato, in disparte; Gesù invece rispondeva in pubblico, “guardando i suoi discepoli” per dire che quanto egli stava per affermare non valeva soltanto per Pietro, ma per chiunque avesse pensato come lui. “Vattene via da me, Satana.1 perché i tuoi sentimenti non sono quelli di Dio, ma quelli degli uomini” (Mc.VII, 33).
Quale cambiamento! Di fronte alla divergenza programmatica Pietro viene immediatamente allontanato e chiamato col nome del capo dei ribelli, Satana. E’ la forza dell’amore che non vuole subire arresti; l’incomprensione degli uomini non avrebbe fermato la testimonianza del Cristo, togliendo all’umanità la gioia di poter allineare i propri passi con i passi del Divin Salvatore lungo la via del Calvario.

Coerenza di programma

Il discorso ormai era avviato. L’ora dello Spirito Santo era scoccata, e perciò Gesù portava il dialogo fino alle sue ultime applicazioni che sono di una attenzione psicologica quanto mai sorprendente.
“E chiamata a sé la folla, insieme ai suoi discepoli disse loro: se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua ”.
Il programma della Croce era stato respinto da Pietro e forse anche dai discepoli? Gesù allora non soltanto lo ripresenta in maniera inequivocabile alla folla, ma ne stabilisce un precetto, una condizione basilare, una nota caratteristica per poter essere suoi discepoli.
E’ la presentazione della Croce in tutta la Sua crudezza, congiunta però al pensiero della salvezza, della vittoria, della cooperazione, della resurrezione. Croce e liberazione è la presentazione fatta dal Cristo: disfatta del Calvario di ogni istante della nostra vita che si conclude però in aumento di gloria in vista di un’eterna beatitudine. Attenzione indicativa per noi che accostiamo tanti sofferenti e che col Cristo desideriamo avviare un discorso salutare per rendere accessibile a tutti il fatto del dolore, inesorabilmente congiunto alla nostra natura umana. Il dolore nella mente del Cristo ha una sola funzione e risponde ad un solo perché: non è morte, ma vita, attività e conquista: “O morte dove è la tua vittoria”?.
L’attenzione psicologica del Divin Maestro non si arresta per presentare i benefici aspetti della passione, ma va oltre spiegandoci anche le ragioni:
1) “perché chi vorrà salvare l’anima sua la perderà; ma chi perderà l’anima sua per causa mia e dell’evangelo, la salverà” (Mc. VIII, 35). E’ questa la condanna della prudenza della carne contraria ed opposta alla prudenza del Cielo. E’ la prudenza di Pietro non ancora confermato dall’azione dello Spirito Santo.
2) “Che gioverà, infatti, all’uomo aver guadagnato il mondo se ha perduto l’anima sua? Perché che cosa può dare l’uomo in cambio dell’anima sua?” (Mt. XVI, 25).
E’ il richiamo dei supremi interessi. Nessun fine terreno può pienamente soddisfare l’anima. Il fine supremo è conseguire il frutto della redenzione, la vita eterna. Qualunque cosa che si acquisti sulla terra non serve per il Cielo. La strada della salvezza è stretta e cosparsa del sangue dell’Agnello Immacolato. Uguale strada si apre alle anime di buona volontà che accolgono e custodiscono la parola di Dio.
3) “Poiché chi si sarà vergognato di me (ossia chi si vergognerà di farsi vedere mio seguace nel portare con me la croce) e delle mie parole in questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui quando verrà nella gloria del Padre suo con gli Angeli santi” (MtXVI, 38). In questa terza ragione Gesù stabilisce in più un freddo confronto tra Lui e il mondo. Si presenta quale segno di contraddizione che distingue e separa i veri dai falsi seguaci.

CONCLUSIONE

L’attenzione e gli accorgimenti psicologici con cui Gesù ha inteso ed affrontato il dolore sarebbero ancora tantissimi: essi vanno dal ripetuto annuncio della sua passione al suo comportamento di fronte ai sofferenti e ci sarebbe da esaminare la missione dei dodici e dei settantadue ed il suo primo Messaggio agli ammalati. Bisognerebbe considerare il modo come Egli ha voluto soffrire, indicando a noi con molta opportunità come dobbiamo prepararci e comportarci durante il periodo della prova. Resterebbe da esaminare come dobbiamo impostare il nostro piano di sofferenza, accanto a Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, Corredentrice e Mediatrice che accoglie i figli e li presenta al Padre perché anch’essi insieme a Gesù, rendano testimonianza su questa terra della Sua vita, secondo gli imperscrutabili disegni dello Spirito Santo nell’edificazione del Corpo Mistico, attraverso i secoli.

L. N.