Per tutti i lettori la figura dello scrittore americano Jack Kerouac (1922 – 1969) è legata al romanzo Sulla strada (1957), attestazione del suo inquieto vagabondare geografico e spirituale. In un’altra raccolta postuma di suoi scritti, intitolata Un mondo battuto dal vento, si trova questa invocazione sorprendente. Tra l’altro, egli confessava di sostare affascinato ed emozionato nella chiesa della sua adolescenza, quasi a respirare e ad aspirare l’odore della sua innocenza primordiale. Quella che abbiamo sopra proposta – nella giornata dedicata alla commemorazione dei defunti – è una sua originale ritrascrizione del «credo la risurrezione della carne» della professione di fede cristiana. Ma la preghiera di Kerouac prosegue così: «Grazie, Signore, Dio degli eserciti, Angelo dell’universo, Re della luce e Creatore delle tenebre, per le Tue vie, le quali, se non fossero percorse, trasformerebbero gli uomini in ottusi danzatori di carne senza dolore, menti senza anima, dita senza nervi e piedi senza polvere».

A questo punto aggiungiamo però una riflessione di altro genere. La certezza del dover morire non ci rende saggi nel dare calore e valore alla nostra esistenza terrena. Al massimo la esorcizziamo annegandola nella superficialità. E alla fine ci troviamo come quei due personaggi di Woody Allen che discutono animatamente: «Secondo te esiste una vita dopo la morte?» domanda uno. L’altro si concede una pausa di riflessione e poi replica: «E secondo te, esiste una vita prima della morte?».