L’Ancora: n. 9/10 – settembre/ottobre 1973 – pag. n. 1-5
“Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani” (Paolo VI)
La strada della sofferenza si identifica con la strada stretta, irta di difficoltà, dal Cristo presentata alle anime di buona volontà. Questa, si oppone alla strada larga, affollata su cui camminano i più, ignari di quelli che silenziosamente percorrono, con vera consapevolezza, frutto di scelta, il proprio cammino.
Il Cristo ha fatto vedere le due vie e le ha lasciate alla libertà di ciascuno. Egli ha voluto che ogni anima, in sé, valutasse i pro ed i contro, e liberamente facesse una scelta.
Affinché tale scelta fosse matura, le ha sgombrate da ogni pregiudizio, ha superato gli ostacoli e poi si è posto tra l’una e l’altra, quale segno di contraddizione, per vedere la scelta che si sarebbe fatta, affiancando coloro che si sarebbero avviati lungo Il sentiero ripido e stretto della perfezione.
Il Divin Redentore non limita il suo “camminare assieme” ad una vicinanza, sia pure bella e cara; Egli fa qualcosa dl più, lo fa proprio perché ci ama: ci rende partecIpi della sua vita.
Con questa partecipazione, è la vita di Dio che a ciascuno di noi si comunica; è la grazia che riempie i nostri cuori e ci fa cari a Dio Padre, perché in noi vede il Suo diletto Figlio, che continua, per arcana disposizione, la Sua opera redentiva. Partecipi della vita di Dio, membra vive del Mistico Corpo dl Gesù Cristo, è una vita nuova, adunque, che si afferma: la morte al peccato ed alle sue conseguenze; la vita perenne della grazia nella dinamica della partecipazione ai disegni costruttivi del Padre, in una continuità di vita che non conosce tramonto, essendo stata la morte, in Cristo, vinta. Una soltanto è la condizione che il Cristo impone ai suoi seguaci: 1° non conformarsi agli errori del secolo in cui viviamo; 2° continuare il cammino lungo la strada stretta e ripida che sale al Calvario e che sfocia, con la certezza delle realtà che vediamo e tocchiamo, nella risurrezione.
Per raggiungere la vetta ditale mistico sentiero, che significa diuturno e logorante lavorio che ciascuno deve compiere in sé, per affermare i principi della fede, occorre una volontà decisa.
Occorre che nel silenzio dell’anima tua, fratello carissimo che mi ascolti, tu faccia un vero voto. Occorre che tu crei il silenzio interiore per metterti dinanzi al Cristo e abbandonarti in Lui, per poter con Lui, così, percorrere la strada della maturazione dell’anima tua; sicuro delle realtà soprannaturali, a cui tu doni il tuo assenso di fede.
Prima tappa quindi di questa salita è la maturazione della tua scelta, che ti fa vedere e comprendere sempre di più le possibilità costruttive, positive, redentive, che tu acquisti vivendo in Cristo e con Cristo.
Non sei più tu, infatti, che vivi; è il Cristo che vive in te e con Lui devi acquistare, a poco a poco, l’indifferenza alla incomprensione che ti circonda.
Non dico alla incomprensione che può, magari, talvolta, circondarti; no, ma ché in realtà ti circonda, proprio perché il sentiero da te scelto, le verità da te abbracciate, si oppongono alle scelte dei più, al sistema di vita che i più vivono, per cui, sei come il Cristo, un isolato.
L’isolamento della tua camera, testimone muta di tanti sospiri e magari lacrime amare e cocenti, è soltanto un simbolo della distanza che c’è tra te e la tua vita di ieri: il vortice degli affari, dell’arrivismo; il vortice, forse, delle passioni; il vortice della politica.
Tu, ormai sei solo, inchiodato in un angolo dalla sofferenza, che ti ha afferrato e vedi, in lontananza, lo scorrere della cosiddetta vita, a cui tu pure sei appartenuto, ed ancora appartieni, e ti sembra di essere escluso. Anche il cantiere del lavoro quotidiano, a cui tu ogni giorno con fierezza ed a testa alta tI recavi, non ti appartiene più.
La stessa vita familiare, che ha sembrato trattenere il respiro quando il male ti ha tolto dal vortice dell’azione, fa l’abitudine a vederti soffrire e convinta della ineluttabilità della tua sofferenza, fa I suoi calcoli, incominciandoli proprio dal punto, ove tu sei rimasto per continuare la vita anche senza di te. Se qualche parola ancora viene a te rivolta sulla vita, che per te, fino a ieri è stata la “ tua “ vita, questo si fa con molta superficialità, senza più affrontare i problemi fino in fondo. A che vale, si afferma, disturbarlo? Perché crear gli preoccupazioni?
Carità, questa, che poco convince, perché nasconde un grande distacco ed una presa di coscienza che tu, ormai, non appartieni più ai mondo del lavoro e della società.
In parte, ciò è vero. Tu non appartieni più al mondo del lavoro materiale, ma al mondo delle realtà soprannaturali, che sono le realtà vere, durature, che sfidano il tempo e si innestano nell’ eternità.
A te appartiene il Cielo; la terra, veramente, non può più avere che un interesse relativo. Ma questo vale per tutti. Soltanto che chi è immerso nel mondo del lavoro, difficilmente sente il richiamo dello spirito.
Se consideri però in profondità, la tua sofferenza può anche non essere un isolamento forzato, ma una circostanza speciale della tua esistenza, che ti ha distaccato dalle apparenze ed ha posto i tuoi piedi sulle realtà, che uniche, devono interessare gli uomini di buona volontà, sia che godano del dono della salute o meno.
Tra te e loro c’è una vera differenza. Loro sono immersi nelle realtà del tempo e devono,, momento per momento, vivere la verità che queste valgono solo e in quanto si innestano in Dio e nella Sua volontà; tu, invece, distaccato dalle apparenze delle, realtà terrestri, devi pensare a quelle eterne, e sei condotto dalle circostanze stesse della tua vita, proprio perché la differenza ti spinge a fissare il tuo sguardo nel mondo dello spirito e ti porta a maturare di più la tua fede, a vedere il mondo che fino a ieri ti ha circondato, con uno sguardo diverso, che non è indifferenza, ma coscienza approfondita sui valori veri delle cose di questa terra.
L’indifferenza che ti circonda, che giunge a te come tante puriture di spilli, provocate da infinite circostanze che hanno affinato la tua sensibilità psicologica, devono maturare in te la volontà decisa di voler percorrere la “ tua “ strada.
Se il dolore non ti avesse afferrato e non ti avesse costretto a considerare il mondo dello spirito che si dischiude dinanzi a te con una panoramica, che si apre e dilata il tuo cuore alla gioia ed alla speranza in proporzione della tua fede, tu non avresti oggi questa maturità, questa visualità nuova, che sorge proprio sul presupposto della tua nuova situazione, che, da tecnico del mondo del lavoro e della forza della vita, ti rende, giorno per giorno, uno specialista, un produttore, un tecnico delle conquiste dello spirito.
La volontà di continuare da solo il percorso del tuo sentiero deve però irrobustirsi sempre di più; devi diventare, ed è forte quanto ti dico, insensibile alle attrattive della terra, per vivere degli orizzonti di Dio e delle anime.
Questo è il tuo settore di lavoro, la tua specializzazione, l’orizzonte che si dischiude dinanzi a te. Per te è la promessa della nostra comune Madre spirituale, che tanto ti ama e vive accanto a te col calore dell’affetto della mamma terrena: « non ti prometto di renderti felice in questo mondo, ma nell’altro ».
Non devi però attendere l’altra vita per avere le gioie positive della vita nuova, che si è dischiusa attorno a te. Anche in questa, puoi già pregustare le gioie dello spirito; queste gioie sono i valori spirituali che tu accumuli nel silenzio della tua soprannaturale offerta su quanti sei legato con vincolo di affetto, di amicizia, di lavoro. I valori spirituali che tu affermi, sono i semi di speranza che tu de poni nei cuori delle anime che ti sono, o che ti devono diventare care; semi di vita che ti assicurano la loro vicinanza eterna e l’affermazione di un mondo più buono, più onesto, più giusto, radicato nella fede e nella solidarietà in Dio.
L. N.
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