L’Ancora: n. 8/9 – agosto/settembre 1969 – pag. n. 6-14
Nella linea di meditazione vivere l’ubbidienza del Cristo nel tempo perché col Cristo formiamo una cosa sola nel Suo Corpo Mistico, rivediamo il senso dell’unità in piano di lavoro programmatico.
Unità nella finalità che si vuol conseguire; unità nei metodi e tattica d’apostolato; unità nei mezzi di lavoro.
Il senso ed il bisogno dell’unità oggi si sente imperioso in mezzo a tante voci, tante esperienze, non tutte consoni con il senso della Chiesa e l’indirizzo del Papa. Si avverte talvolta anche nell’apostolato questo senso d’individualismo in molti che si identifica con l’affermazione dell’io, proprio quella parte invece che deve scomparire per dar luogo al “sensus Christi”.
Il senso della Croce è però univoco, esclude altre interpretazioni e altri metodi al di fuori di quelli instaurati e presentati dal Cristo.
Tolte del resto all’ammalato le dimensioni della Croce, dimensioni che sono sì crocifiggenti ma trasformanti e anche beatificanti, che cosa gli resta? La sofferenza è sacra e “degna di culto” afferma il Santo Padre, per cui per una comprensione totale del problema del dolore e una trasformazione totale dell’ammalato con il suo inserimento nella vita del Corpo Mistico che gli dona generosità di vita, luminosità di esempio, posto insostituibile nella cristiana società si richiede una visione chiara della voce del dolore.
Il dolore, infatti è stato reso sacro dalla Santità del Cristo che l’ha voluto prendere sopra di sé. Per un ampio apostolato si richiede inoltre unità nelle finalità associative, nei metodi, ispirati all’imitazione del Cristo e nei mezzi per il raggiungimento dei piani apostolici.
Il senso dell’unità si oppone alle finalità individualistiche, ai metodi che non sono quelli studiati, voluti e consacrati dall’esperienza apostolica del Centro, ai mezzi che non sono nella loro interpretazione integrale ed ispiratrice, quelli approvati e benedetti dal Papa nel “Breve” di erezione del nostro Apostolato.
Il senso dell’unità si oppone al sistema di dare l’adesione all’apostolato nella forma presentata per poi cercare di dividerlo, proponendosi finalità diverse da quelle stabilite e trascurando i metodi e i mezzi proposti. Agire in tale maniera non è collaborare, ma intralciare ed impedire la crescita e l’apporto che l’Associazione è tenuta a dare nella vita della Chiesa.
Soprattutto nelle finalità delle varie attività dobbiamo cercare di conservare chiarezza d’azione.
L’apostolato è` dell’ammalato, svolto con la collaborazione dei fratelli e delle sorelle degli ammalati, ma non è un’apostolato di sani svolto a favore degli ammalati. La voce dei sofferenti è basilare, indicativa, insostituibile.
L’apostolato del Centro Volontari della Sofferenza è un apostolato di Categoria, “l’ammalato per mezzo dell’ammalato”per la santificazione della società.
Nell’attuazione del programma dell’Immacolata il Centro tende alla piena valorizzazione ed al completo sviluppo della personalità del sofferente. Il problema quindi non è tanto di un vago avvicinamento di chi soffre, o una sterile amicizia di consolazione, ma piuttosto di costruttiva edificazione e valorizzazione in piano soprannaturale ed umano. Per realizzare tale finalità ci vuole opportuna preparazione umana, psicologica e soprannaturale. Ecco perché a volte alcuni interpretano male interventi e metodi: non conoscono di questa attività apostolica la psicologia e la soprannaturale tattica.
Ecco perché si vigila attentamente sulle iniziative che si svolgono, cercando di riportare tutto sulle linee fondamentali del Centro in cui l’ammalato deve essere fraternamente sostenuto per la scoperta e la valorizzazione della propria “inequivocabile vocazione”, come afferma Sua Santità Paolo VI.
Nelle linee del Centro l’ammalato è il perno su cui gravita tutta l’azione formativa e di sostegno affinché egli non solo valorizzi se stesso mediante l’aiuto di tutti i mezzi di sostegno del Centro, ma operi poi in piano allargato in mezzo a tutti i sofferenti quale strumento d’amore e di richiamo del senso della Croce.
L’attenzione quindi verso gli ammalati iscritti è di dare prima di tutto a loro gli aiuti necessari per un intensa vita cristiana, delicatamente indirizzandoli verso gli altri per l’attuazione di una doverosa testimonianza della propria vocazione. Vigilanza però d’impostazione: preparare degli apostoli e poi inserirli nell’apostolato e non inserire l’apostolato del Centro in un’attività di ammalati non iscritti e poi assimilare il lavoro apostolico, che diversamente deve svolgersi verso gli ammalati che già hanno scoperto il proprio inserimento nel Corpo Mistico e ammalati che ancora gemono sotto il peso di una Croce senza scoprirne il significato. L’apostolato di irradiazione apostolica non deve essere svolto soltanto da due o tre iscritti, dirigenti o meno del Centro locale, ma deve essere svolto da tutti i membri dell’Associazione, anche se in modo diverso. Se si svolge un’attività di irradiazione apostolica non possiamo e non dobbiamo presentarci con la polvere del tempo, naturalismo, edonismo, facili comprensioni su costumi equivoci, nella speranza di far presa sui lontani.
La parola del Papa nell’“Ecclesiam Suam” è chiara, indicativa, precisa. Se vogliamo vincere i compromessi non dobbiamo crearne degli altri, se non siamo sale della terra e luce non possiamo sognarci di trasformare ed illuminare.
Non possiamo e non vogliamo che vari Centri stabiliscano contatti di carattere duraturo e collettivo, di studio e di approfondimento di problemi in cui la voce della Chiesa sia assente.
L’idea del Santo Padre sui gruppi autonomi ed indipendenti è ormai a tutti nota; e nella vita del Centro la parola del Papa è indiscutibile, norma sicura, indicazione di ubbidienza doverosa e certa.
La presenza del sacerdote nella vita del Centro e in tutte le sue manifestazioni è garanzia, sicurezza dovendo ogni sacerdote, degno della missione di cui è stato investito, sentire all’unisono con la mente e con il cuore del Papa.
Personali sacrifici
I dirigenti del Centro hanno la responsabilità di vivere e far vivere tutto lo spirito dell’Associazione a costo di personali sacrifici, non potendo e non dovendo essi mutilare o cambiare i fini ed i mezzi secondo le proprie idee.
Il primo sacrificio che si propone ad ogni iscritto del Centro e quello di lavorare nelle linee del Centro e di adoperarsi per conservare l’unità. Sovente ci è stata rivolta la domanda se un dirigente del Centro “Volontari della Sofferenza” può contemporaneamente essere dirigente di un altro movimento di apostolato. Sinceramente, dopo di aver lungamente sperimentato l’attività, dobbiamo dire che se una persona vuole condurre avanti un lavoro costruttivo e valido, dovrà per necessità di cose operare una scelta. Il senso di responsabilità che deve regnare in ogni dirigente lo deve spingere, non soltanto a continuare una attività e tenere in piedi, come si dice, l’attività, bensì a cercare di tentare vie nuove per sempre più approfondire e sostenere l’attività di apostolato. “L’apostolato può raggiungere piena efficacia soltanto mediante una multiforme e integrale formazione; la quale è richiesta non soltanto dal continuo progresso spirituale e dottrinale del laico, ma anche dalle varie circostanze di cose, di persone, di compiti a cui la loro attività deve adattarsi” (n. 28, dal Decreto sull’apostolato dei Laici).
Tenendo presente che gli ammalati devono poter trovare nel nostro Centro quegli aiuti che lo sviluppo della loro personalità richiede, si comprende forse la vastità, l’ampiezza e la profondità del lavoro che ha la capacità di assorbire ogni energia. “Questa formazione sull’apostolato deve poggiare su quei fondamenti che da questo sacrosanto Concilio altrove sono stati affermati e dichiarati. Oltre alla formazione comune a tutti i cristiani, a causa della varietà delle persone e delle circostanze, non poche forme di apostolato esigono una formazione specifica e particolare” (n. 28 dal Decreto sull’apostolato dei Laici).
Ecco perché ci teniamo a dire una parola chiarificatrice su questo punto che tante volte fu discusso. E se una scelta la si deve fare, facciamola con spassionato disinteresse nella ricerca di un bene che risponde alla nostra esigenza spirituale ed ai bisogni dei nostri fratelli. I Personali sicrifici che si è chiamati a fare dipendono poi necessariamente da mille circostanze in cui ci troviamo a vivere: povertà di mezzi, incomprensione, poca collaborazione, risultati a volte scarsi… formano il bagaglio di una attività che soltanto una matura fede, una stabilità di carattere possono garantire.
Iscritti che condividono il peso dell’attività
D’altra parte l’Associazione fa giustamente assegnamento sugli iscritti, I quali, fino a prova contraria, devono essere considerati come anime che condividono, accettano ed attuano Il programma scelto. L’assegnamento che fa l’Associazione è un assegnamento in base all’apostolato presentato ed alla metodologia costantemente attuata e non secondo le interpretazioni fatte poi dai singoli, secondo le proprie vedute.
A tale apostolato, sempre e dovunque proficuo, ma in certe circostanze l’unico adatto e possibile, sono chiamati ed obbligati tutti i laici, di qualsiasi condizione, ancorché non abbiano l’occasione o la possibilità di collaborare nelle associazioni. La fedeltà allo spirito, ai metodi di apostolato è richiesta come esigenza insostituibile di unità e chiarezza. Ed il Concilio ce lo ripete spesso.
Appartenere all’Associazione e non volerne adoperare i mezzi di conquista è. una grande incoerenza, che mentre priva il singolo dei benefici formativi spirituali previsti, voluti e stabiliti per la formazione ed il sostegno degli iscritti, priva altresì gli altri del normale veicolo di santità, ricercato dal movimento stesso, impedendo ai singoli ed all’Associazione la finalità associativa.Per lineare e sincera coerenza umana e soprannaturale, dal momento in cui si entra a far parte dell’Associazione, a maggior ragione se si accettano le posizioni di responsabilità, occorre evitare il personalismo, i criteri troppo umani che si identificano con la prudenza della carne, i criteri naturalistici e razionalisti che escludono e si oppongono all’autentica vita di fede. Non siano le idee dei singoli, e magari non sempre spassionate e rette, a condizionare l’apostolato.
L.N.
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