L’Ancora: n. 6 – giugno 1969 – pag. n. 1-8
Beato colui che ascolta le mie parole e le mette in pratica
Esaminare la propria testimonianza
Ubbidienti come il Cristo, ubbidienti come l’Immacolata, ubbidienti come il Papa ardentemente richiama è la parola d’ordine lanciata per il 1969 Per un cosciente risveglio spirituale e per una vera ed autentica riforma personale interiore. Ma dopo l’ubbidienza al Cristo, al Papa, all’intera Gerarchia esiste anche, per chi è iscritto al nostro movimento, l’ubbidienza alle linee strutturali dello Statuto della nostra Associazione, per attuare l’apostolato della categoria dei sofferenti, approvato dalla Chiesa col Breve Apostolico “Valde Probandae” del 24 novembre 1960.
Il Decreto dell’Apostolato dei Laici, Cap. I n. 4, espressamente esorta: “quei laici che, seguendo la propria particolare vocazione, sono iscritti a qualche associazione o istituto approvato dalla Chiesa, si sforzino di assimilare fedelmente la particolare impronta di spiritualità che è propria dei medesimi”
Con tali parole la Chiesa invita i fedeli che hanno aderito a qualche Associazione a raggiungere la piena santità attraverso lo spirito dello statuto a cui essi hanno spontaneamente aderito ed è proprio questo il primo atto di ubbidienza che si richiede un’Associazione, debitamente approvata dalla Chiesa, rappresenta un mezzo di santità per chi vuole ed una risposta a segni dei tempi per una sempre più intensa vitalità del Corpo Mistico. L’adesione ad un particolare movimento di attività apostolica dice risposta ad un invito dello Spirito Santo a volersi servire di quel particolare mezzo di santità per meglio raggiungere la propria finalità di perfezione. Entrando in apostolato associato, implicitamente ci si propone di assimilare lo spirito soprannaturale che il programma presenta e di viverne gli impegni per il bene della Chiesa ed il potenziamento dell’Associazione. Incrementando l’Associazione si procura infatti il maggior bene dei singoli associati, ripercuotendosi la vitalità di un membro su tutto l’organismo, e si raggiunge la finalità ecclesiale per cui l’Associazione è nata nella vita della Chiesa. Ciò evidentemente comporta non soltanto l’accettazione delle linee statutarie, che devono procurare santità personale e finalità ecclesiale, ma osservanza piena di tali linee, sia in piano di vita interiore, sia in piano di testimonianza. Non basta l’adesione materiale alla vita dell’Associazione per sentirci più giusti e incamminati nella via della santità nella forma maggiormente rispondente alle esigenze interiori dell’anima, come non basta il numero grande degli iscritti per assicurare la Chiesa dell’attività apostolica, bensì occorre la sincera e piena osservanza delle linee fondamentali che la Chiesa ha approvato, le quali, per essere veramente vitali, devono impegnare il singolo all’osservanza di una perfetta vita cristiana, secondo il proprio stato.
Assimilare quindi lo spirito dell’Associazione ed osservarne gli statuti è un’esigenza di cosciente coerenza umana e soprannaturale; è un atto di umile accettazione di programma, con impegno di sincera ed obbediente osservanza. Lo spirito degli statuti del Centro è quello racchiuso e presentato dall’Immacolata nelle sue apparizioni a Lourdes ed a Fatima, più volte richiamato dai Papi in piano ecclesiale ed a noi, iscritti al Centro, direttamente.
Nell’esortazione apostolica “Signum magnum”, il Santo Padre presenta in forma sintetica, chiara ed impegnativa le richieste fatte dalla Madonna ai tre pastorelli di Cova da Iria:
1) incitamento alla preghiera fiduciosa;
2) sprone alla pratica della penitenza;
stimolo al timor santo di Dio. (Signum Magnum n. 20).
Mirando ad attuare gli obiettivi dell’Immacolata, richiamati dal Papa quali basi necessarie per un rinnovamento spirituale della società, non possiamo disgiungere l’impegno della imitazione delle virtù basilari del Cristo e dell’Immacolata.
Ciò vale per qualsiasi anima di buona volontà, desiderosa di immettersi in piano di vero e cosciente risveglio spirituale; ciò ancora di più vale per chi fa della propria esistenza una risposta di personale attuazione, sostegno e propagazione del piano, presentato dall’Immacolata per la salvezza dell’umanità.
Revisione personale ed impegno d’attuazione
Consideriamo, ciascuno per conto proprio, i difetti in cui cadiamo ed in questa considerazione ripetiamo una parola d’ordine a tutti i membri della nostra meravigliosa famiglia spirituale che milita sotto la guida dell’Immacolata: attuiamo una obbedienza ad oltranza; un’ubbidienza che sia testimonianza del Cristo e dell’Immacolata; un’ubbidienza che partendo dal Vicario di Cristo e dai Vescovi, si estende alle linee statutarie del nostro apostolato di categoria, relativo alle finalità ed ai mezzi di santificazione e di apostolato.
Cosa dobbiamo fare per non travisare od indebolire la vita del Centro.
Dobbiamo prima di tutto evitare i vizi opposti alla vita dell’Immacolata, che tutti sono radicati nella superbia. Dobbiamo impedire il raffreddamento della carità, evitando qualsiasi peccato, che è sempre un compromesso, una incoerenza, un voltafaccia a Dio per le creature, un’interruzione del meraviglioso dialogo aperto da Dio con l’umanità e da Santo Agostino sintetizzato nella frase: “Deus et anima!”. Il peccato si ripercuote, oltre che nell’anima, anche nella vita parrocchiale, diocesana, ecclesiale, associativa.
I peccati sono cause di indebolimento di tutto il Corpo Mistico, che esigono riparazione e ripresa di vitalità a beneficio di tutti. Nella visione di quanto la Madonna ha richiamato a Lourdes ed a Fatima dobbiamo fare nostre le Sue parole: “Che non si offenda più Nostro Signore che è già troppo offeso”. Si esige troppo cercando di impegnare gli associati a vivere con chiara fermezza i propri impegni battesimali? Siamo stati innestati a Cristo con la nascita alla vita della grazia, siamo quindi morti al peccato per non più vivere secondo la natura caduta, ma secondo la vita di Dio in noi.
Vivere la vita di Cristo vuol dire essere impegnati ad essere con Lui ed in Lui segni di contraddizione nella società che viviamo. Essere segni di contraddizione significa non venire a patti con lo spirito del male, il demonio, che è sempre stato un ribelle; vuol dire non venire a patti con le proprie inclinazioni cattive, frutto del disordine portato dalla prima disubbidienza dei nostri progenitori; vuol dire non venire a patti col mondo, con tutte le sue lusinghe che costituiscono la via più facile, 1arga e comoda ma che non porta al Cielo.
L’Immacolata a Lourdes ha chiaramente dimostrato, ancora una volta, di non volere i compromessi e noi alla Sua scuola con animo umile ed ubbidiente dobbiamo imparare a bandire dalla nostra vita privata e sociale qualsiasi forma di compromesso, di acquiescenza, di fronte alle lusinghe delle passioni, delle comodità e, in una parola, del mondo. Dobbiamo prendere in vera ed attenta considerazione la conseguenza che scaturisce da una professione della fede, ed è la coerenza della vita con la fede stessa. Non avremo mai dato sufficiente importanza a questa coerenza tra la fede e la vita. Non basta conoscere la parola di Dio, bisogna viverla. Conoscere e non applicare la fede alla vita sarebbe una grave illogicità, sarebbe una seria responsabilità. “Dovrebbe scomparire il cristiano inadempiente ai doveri della sua elevazione a figlio di Dio e fratello di Cristo, a membro della Chiesa. La mediocrità, l’infedeltà, l’intermittenza, la incoerenza, l’ipocrisia dovrebbero essere tolte dalla tipologia del credente moderno” (Paolo VI, Discorso 3 luglio 1968). Ma non basta tenersi lontani dai compromessi, occorre vedere, inoltre, in noi ed attorno a noi le tristi e dolorose con seguenze del peccato. Quanti dolori: guerre che non accennano a finire, fame e depressione di popoli, pestilenze, incidenti, sofferenze morali e fisiche e, purtroppo, sovente causate proprio dal peccato, dal la superbia, dalla mancanza del rispetto alla vita! Ma vediamo i nostri ammalati! Non comprendiamo la lezione che il dolore ci dà? E viviamo ancora con l’acquiescenza al peccato, in uno stato tranquillo di peccato, magari arrivando ad accettare posti di responsabilità, di direzione per essere così guide cieche che rovinano chi vede o chi vede poco. Rivediamo questa posizione basilare e comprendiamo che l’Associazione è mezzo di santità solo e in quanto ne condividiamo e viviamo il primo impegno che è quello della grazia. Dopo aver visto, sia pure quanto mai sommariamente il lato negativo del peccato consideriamo i benefici spirituali dell’Associazione, vero patrimonio di riparazione ed impetrazione per noi e per gli altri, con le meravigliose possibilità anche di suffragio a beneficio di quanti amiamo o sono stati uniti nel vincolo associativo della carità. Viviamo accanto ai sofferenti; facciamo nostri i loro dolori; uniamoci al loro calvario per beneficiare del tesoro della croce; sosteniamoli come il Cristo lungo la sua dolorosa ascesa al Golgotha e saremo così partecipi del grande beneficio della Redenzione, attirando la grazia di Dio sulle nostre persone, sulle nostre famiglie, sui nostri affari onesti, sulle Parrocchie, le Diocesi, la Chiesa.
Tra le varie vocazioni quella di associarsi al Cristo mistico per la continuazione nel tempo del piano redentivo è certamente la migliore e la più feconda. Ma non basta intravvedere questa vocazione, non basta aver dato l’adesione al Centro, bisogna comprenderla a fondo e viverla in tutta la sua grandiosa complessità. Allora sì che con pieno diritto unitamente alle piaghe del Cristo presenteremo all’Eterno Padre, per tutte le nostre necessità di ordine materiale e spirituale, le sofferenze dei nostri ammalati iscritti al Centro, le sofferenze dei nostri Gruppi di Avanguardia, dei nostri Centri Zona e così di seguito. Il tesoro spirituale di ciascuno diventa patrimonio di tutti e non si è più poveri e soli ma ripieni della pienezza dei meriti del Cristo totale, che significa i meriti infiniti del Cristo storico più i meriti di ogni membro vivo del Suo Corpo Mistico. Troppe cose ci sarebbero ancora da dire se considerassimo a che cosa pienamente ci impegna questo punto di testimonianza di vita in grazia di Dio. L’impegno, certamente ci porta ad evitare il peccato, ma non si tratta soltanto di un impegno negativo, ma essenzialmente positivo che ci spinge a considerare la perfezione del Cristo e dell’Immacolata per “vedere come la fede possa avere un influsso determinante e corroborante sulla nostra psicologia dapprima, e poi sulla nostra vita pratica”. (Paolo VI, 3 luglio 1968).
La nostra riforma spirituale ci deve portare a sviluppare in noi tutto ciò che è buono e bello, nella totale armonia e perfezione di Dio essendo Lui solo la perfezione assoluta che ci spinge con sete insaziabile ad essere come lo Spirito di verità, dolce ospite delle anime nostre, ci vuole, interiormente ci invita. Questa è la vera riforma interiore voluta e richiamata dal Papa nell’esortazione apostolica “Signum Magnum”, pubblicata in occasione del 50° delle apparizioni della Madonna a Fatima; questo è quanto abbiamo assunto col nostro impegno di adesione al Centro. Non siano i nostri compromessi a pesare sulla vita della nostra Associazione, su tanti ammalati già oppressi da tante sofferenze.
Così il Santo Padre il 7 agosto 1968 in un suo discorso pronunciato a Castel Gandolfo sintetizzava il piano della vera riforma:
“E’ proprio della riforma interiore, a cui ancora S. Paolo si riferisce, che intendiamo parlare: trasformatevi con il rinnovare la vostra mentalità”.
“Ed è questa la riforma più necessaria e più difficile. Cambiare i propri pensieri, i propri gusti secondo la volontà di Dio, correggere i propri difetti, che spesso noi vantiamo come nostri principi e nostre qualità, cercare una continua rettitudine interiore di sentimenti e di propositi, lasciarsi guidare veramente dall’amore di Dio e di conseguenza, dall’amore del prossimo, ascoltare davvero la parola del Signore ed abituarci a percepire con umiltà e silenzio interiore la voce dello Spirito Santo, alimentare quel senso della Chiesa, che ci rende facile comprendere quanto di divino e quanto di umano è in essa, rendersi disponibili con le semplificazioni e le rinunce che ci abilitano alla carità ed alla sequela logica e generosa di Cristo, questa è la riforma, che prima di ogni altra a noi è domandata”.
Questo significa vivere con sincera linearità d’animo e vera comprensione, il programma di umiltà e di ubbidienza tracciata dal Cristo ed in forma eminente osservata dalla Sua e nostra celeste Madre.
L.N.
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