L’Ancora: n. 4 – aprile 1969 – pag. n. 1-4
IL RICHIAMO DEL CONCILIO
“Mettere la Chiesa di fronte al Suo Divin Fondatore e rispecchiarsi In lui per essere tutta di Cristo, in Cristo e per Cristo e tutta degli uomini, fra gli uomini e per gli uomini, conservando e diffondendo la verità e la grazia della vita soprannaturale” (Paolo VI, Disc. Apert. III Sess.).
Indurre i fedeli a prendere conoscenza della propria missione in seno alla Chiesa è tutto l’insegnamento della Gerarchia. “Conoscere, studiare, applicare i documenti del Vaticano II è il dovere e la fortuna del periodo post-conciliare (Paolo VI, 12-1-1966).
Tre tappe indica il Papa:
– conoscere,
– studiare,
– applicare
il che significa prenderne profonda e personale conoscenza e coscienza e poi applicare tali direttive di rinnovamento interiore in mezzo alla meraviglia di chi non ha voluto prenderne coscienza, in mezzo all’indifferentismo, col rifiuto del laicismo ed ateismo pratico che classifica i ripetuti e pressanti richiami della Chiesa tra i frutti di un’ideologia e metodologia sorpassate, prive di qualsiasi reale fondamento.
Lo scopo che si è prefisso il Concilio Vaticano II è stato. quello di manifestare il volto della Santa Chiesa, la cui intima essenza, sorgente prima della Sua efficacia santificatrice sono da ricercarsi nella sua mistica unione con Cristo” (Paolo VI, Disc. Chiusura III Sessione). “Un desiderio di autenticità, di generosità, di perfezione e di santità percorre tutta la compagine del Popolo di Dio, per una risvegliata coscienza della sua vocazione e per un più vivo istinto di difesa dall’invadenza dello spirito del tempo ed anche per un risorto ardimento apostolico di infondere nel mondo moderno, qual’è, il fermento salutare del messaggio evangelico. La Chiesa post-conciliare entra in tino stato di fervore, se coerente al genio del Concilio se fedele all’aspirazione del Signore, se docile alle sue proprie leggi”. (Lo spirito del Concilio, Discorso del Papa, 30-XII-1965). ? Molti fedeli, invece, pensano dover consistere principalmente la riforma della Chiesa nell’adattamento dei suoi sentimenti e dei suoi costumi a quelli mondani. Il fascino della vita profana oggi è potentissimo. Il conformismo sembra a molti fatale e sapiente. Chi non è ben radicato nella fede e nella pratica della legge ecclesiastica pensa facilmente essere venuto il momento di adattarsi alla concezione profana della vita, come se questa fosse la migliore, fosse quella che un cristiano può e deve far propria. Questo fenomeno di adattamento si pronuncia tanto nel campo filosofico (quanto può la moda anche nel regno del pensiero, che dovrebbe essere autonomo e libero, e solo avido e docile davanti alla verità e all’autorità di provati maestri!), quanto nel campo pratico, dove diventa sempre più incerto e difficile segnare la linea della rettitudine morale e della retta condotta pratica”. (Ecclesiam Suam II – 8).
La Chiesa, rimanendo ferma sulla pietra angolare che è Cristo guarda verso l’avvenire. “Cotesta gravitazione verso l’avvenire è pure una forza e si chiama fedeltà, si chiama vocazione, e si chiama amore, si chiama sacrificio”. (Paolo VI, al Pont. Seminario Lombardo, il 13-11-1965).
In questo fervore di interiore ripresa e di coscienza della propria vocazione nella compagine dell’intero popolo di Dio “ogni laico deve essere davanti al mondo un testimone della resurrezione e della vita del Signore Gesù e segno di Dio vivo” (Cost. Dogni. 38). In questa coscienziosa presa di posizione di vita fervidamente vissuta, ciascuno al proprio posto, secondo la vocazione ricevuta, la Chiesa trova la sua sempre rinascente giovinezza.
Il nostro tempo scandisce l’ora del Corpo Mistico
“Se è vero che ogni verità ha il suo momento, questa può dirsi che sia l’ora della Chiesa considerata come Corpo Mistico di Cristo… il nostro secolo sta assistendo a un sempre maggiore sviluppo organico dell’idea di una umanità le cui singole parti dovranno, per quanto è possibile prevedere, passare dal concetto di alleanza a quello di comunità – nel suo genuino senso – viva e operante. Non vi è movimento politipo o sociale che non metta in qualche modo alla base di ogni sua struttura questa sua “concezione per cosi dire Comunitaria”, dello Stato e del mondo. A questa sete di collettivismo, a questa esigenza di “comunitarismo” la Chiesa risponde oggi con la dottrina del Corpo Mistico” (Pio XII alle Congreg. Mariane di USA, 26 aprile 1958).
Vivere la dottrina del Corpo Mistico significa vivere la vita di Cristo in tutto il suo messaggio di evangelizzazione, significa trovare se stessi nelle grandi e reali finalità e possibilità ultra terrene, significa fare della propria vita, come e con Gesù, una testimonianza di servizio e di amore.
L.N.
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