L’Ancora: n. 6 – giugno 1964 – pag. n. 1-3

« Gesù chiama il dolore ad uscire dalla sua disperata inutilità ».
(PAOLO VI, Venerdì Santo 1964)

In tali parole sentiamo l’assillo cocente del Vicario di Cristo, per il fatto che tanto umano dolore, che potrebbe essere strumento di redenzione e di salvezza per molte anime ed elemento determinante per il risollevamento morale di molti popoli, vada, purtroppo, perduto.
Questo richiamo è stato a noi fatto in maniera singolare, il Venerdì Santo al Colosseo, dopo la solenne Via Crucis, in cui il Vicario di Cristo ha portato la Croce, dicendo così il suo desiderio e la Sua Offerta per tutti i cuori e per tutti i popoli senza distinzione.
È un richiamo ed una constatazione di cose, che naturalmente sono scaturite dopo la solenne presentazione della Chiesa, pura e senza macchia al Suo Divin Fondatore, nella sua terra di elezione.
— Dove sono gli altri fratelli?, si chiede il Pontefice in quel memorando Pellegrinaggio in Terra Santa.
— Non sono stati tutti redenti dal Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo? Ed allora perché non ci sono tutti?
Ecco le premesse, da cui poi sono sgorgate le luminose parole programmatiche di Paolo VI.
Molti fratelli potrebbero essere illuminati dalla luce del Cristo se tanto umano dolore non venisse sciupato!
Ecco dunque la parola d’ordine: «Gesù chiama il dolore ad uscire dalla sua disperata inutilità ».
E’ Gesù che chiama, perché Lui solo può farlo: ha vinto la morte al sepolcro di Lazzaro, lungo le vie di Naim, in Sè stesso dopo tre giorni della propria sepoltura. Gesù chiama perché alla condanna ha dato valore di redenzione e alla penitenza la possibilità di merito.
Gesù chiama perché con la Sua Croce illumina e trasforma tutte le croci che sono o che saranno disseminate nel mondo.
Gesù chiama perché la Sua parola non è vuota ed arida ma luce che illumina e sostiene fino alla meta.
Il Papa nella chiara consapevolezza del proprio dovere, nella visione delle reali esigenze dell’umanità, ha additato quanto può efficacemente portare un rimedio, la continuazione della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo.
Non ha richiamato tale dovere in nome proprio, ma nel nome di Colui che per tutti è morto sul Calvario e nel cui nome tutti possono trovare salvezza.
Nella voce del Cristo sofferente sentiamo l’angoscia del “sitio”, il desiderio della Passione tre volte annunciata agli Apostoli sconcertati; troviamo la volontà di andare incontro alla Croce a costo di distaccarsi da Pietro che poco prima solennemente L’aveva riconosciuto quale Figlio di Dio; sentiamo il richiamo al dovere universale di prendere la propria croce e SeguirLo, perché senza effusione di sangue non c’e remissione.
«Gesù chiama il dolore ad uscire dalla sua disperata inutilità »: nuova presentazione del programma della redenzione al nostro secolo XX con le sue possibili magnifiche applicazioni, che schiudono orizzonti vasti, quanto quelli del Calvario. « Gesù chiama il dolore ad uscire dalla sua disperata inutilità » per il desiderio che Egli ha che tutta l’umanità sia salva.
Gesù chiama alla valorizzazione del dolore per l’avvento del Regno di Dio, per la gloria del Padre, per il trionfo della Croce alla fine dei secoli, che sarà esaltazione di tutti i deboli, di tutti coloro che hanno avuto fame e sete di giustizia, esaltazione dei sofferenti, di quanti hanno creduto nel nome dolcissimo del Cristo. Gesù chiama ad operare la trasformazione del dolore per l’appagamento del desiderio vivissimo che Egli sente nel Santissimo Sacramento dell’altare di comunicarsi ad ogni anima e fare di essa un membro vivente che continua la sua mistica vita nel tempo.
« Gesù chiama il dolore ad uscire dalla sua disperata inutilità » perché ama ogni anima e non vuole che soffra nell’angoscia, accasciata sotto il peso dell’umiliazione mentre potrebbe essere faro di luce.

L.N.