L’Ancora: n. 5/6 – maggio/giugno 1958 – pag. n. 2-6
Impegno di santità, di resistenza contro il male, impegno, infine, d’azione positiva, caratteristica della nostra categoria, l’offerta del proprio dolore in stato di grazia per un piano ben determinato; l’attuazione delle richieste rivolte da Maria SS.ma a Lourdes ed a Fatima.
Non basta opporsi al male, ma bisogna vincerla col bene, in maniera che proprio in conseguenza della nostra consapevole e molteplice offerta spirituale si possa bilanciare le tante colpe che si commettono ed attirare tutte quelle grazie che sono indispensabili alla società.
La nostra azione caratteristica consiste nell’offerta del nostro dolore, in grazia di Dio.
Nostre siano le parole di San Paolo: « quando io sono infermo, allora io sono potente ».
Nostro è il compito, « vincere con il bene il male ».
Nessun’altra attività possiamo noi proporre ad un sofferente che languisca da anni in un letto, segregata dalla società, sovente abbandonato anche dalle persone più care.
Umanamente, l’infermo non può nulla, spiritualmente, invece, ha orizzonti sconfinati.
L’offerta della sofferenza è l’unica e reale attività dell’ammalato.
Far comprendere a chi soffre questa possibilità d’azione, mediante la « Grazia» è la più grande azione d’apostolato, perché si viene così a potenziare il valore espiatorio ed impetratorio della passione di nostro Signor Gesù Cristo, che si deve attuare nei secoli.
Grandi sono i mali della società, ma a tutti è stato portato rì medio con la Redenzione.
Ai tanti mali della società moderna, che si manifestano in tutte le forme, noi opponiamo il dolore di tutti i sofferenti, unito a quello di Gesù.
Al sovrabbondare delle colpe deve, necessariamente, sovrabbondare il lavoro dell’offerta del sacrificio.
La sofferenza è lo strumento del nostro lavoro.
Come Gesù mediante la morte ha infranto la nostra condanna, così noi con la nostra soprannaturale attività attiriamo la grazia di Dio, allontaniamo i Suoi castighi e facciamo rifiorire le virtù. In questa maniera possiamo evadere le barriere del nostro isolamento e diventare Centri propulsori di vita.
‘Se togliamo a chi soffre la possibilità dell’azione spirituale a che serve la ‘loro vita?
La società non potrà da noi pretendere un lavoro materiale, ma potrà sempre con tutto diritto, aspettarsi l’apporta spirituale, che è una reale attività, tanto necessaria ai nostri giorni. Guai a noi se non ci fossero gli ammalati che fedelmente compiono il proprio dovere di continuatori della Passione di Nostro Signore. «Operiamo dunque mentre siamo nella luce », perché verrà la notte, quando più nulla potremo fare.
Quali scuse potremo noi mendicare dinanzi a Colui che « si è fatto obbediente fino alla morte ed alla morte in Croce? “. Inutili saranno le scuse e le querimonie; noi abbiamo la possibilità di controbilanciare i tanti peccati e per noi è l’imperativo di essere consapevolmente all’altezza della nostra posizione.
Per l’efficienza di questa nostra spirituale attività, Maria Santissima è apparsa a Lourdes ed a Fatima: « pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori. Badate, che molte, molte anime vanno all’inferno perché non vi è chi sacrifichi e preghi per esse ».
Il male nella società è veramente dilagante, non è il caso di fermarsi a descriverlo.
Il demonio subdolamente sì insinua ovunque, urgente e necessaria è quindi la nostra opera.
« Lo vuole il Signore! (casi il Santo Padre con la lettera della Segreteria di Stato del 5-12-1956). E questa divina volontà — già annunziata da Giovanni il precursore, proclamata dal Messaggio evangelico e consacrata dal Crocifisso sul Calvario — è risuonata ancora, solenne ammonitrice, e in tempi a noi recenti, per bocca di Maria SS.ma a Lourdes ed a Fatima “.
Non è più il tempo che ci fermiamo in considerazioni sterili sul dolore, o su tanti inspiegabili « perché ».
Questa è l’ora dell’azione.
Lo zelo del regno di Dio ci deve spingere, con l’intensità che è caratteristica del primo e del massimo dei comandamenti: « amerai il prossimo tuo come te stesso».
Ossia, porrai dinanzi ai fratelli separati tutta e tanta di quella azione di grazia, che tu vorresti trovare sui tuoi passi se fossi lontano da Dio, bisognoso della Sua misericordia.
Soltanto in questa forma sono per noi le parole programmatiche che il Santo Padre si è degnato di rivolgerci nel suo Messaggio il 7 ottobre u. s. “ Voi non siete né soli, né inutili “.
Noi, sofferenti, con la nostra spirituale attività possiamo regolare il corso della società.
San Paolo, in un eccesso eroico di carità, è arrivato a dire:
« Io vi giuro, per quanto ho di più sacro, che sono in una profonda tristezza e che il mio cuore è continuamente oppresso da un estremo dolore, vedendovi separati da Cristo e perciò rigettati da Dio.
Perché Io vi amo in modo tale e desidero così ardentemente la vostra salute, che mentre non mi lascerei mai se parare da Cristo né dalla morte, né dalla vita, desidererei essere separato dalla sua presenza e privato della sua gloria, se per questa via potessi condurvi a Cristo, e rimettere sulla via della salute voi che siete i miei fratelli secondo la carne » (Rom. IX, 1-3)
Con queste parole San Paolo ripete la preghiera, che già Mosé aveva elevato a Dio per la salvezza del popolo eletto: “O perdona a questo popolo la sua colpa, o cancellami dal libro della vita” (Esodo, XXXII, 31-32)
Ecco l’azione che l’ammalato deve svolgere; azione grande e sublime che popone tra i più grandi benefattori della società.
Non ha bisogno chi soffre di compatimenti inutili e di pianti sterili, ma di essere aiutato a portare la propria croce, perché egli deve restare al proprio posto di lavoro, deve restare “della” società nonostante il male che lo isola, “deve” restare attivo, nonostante la sua immobilità.
L.N.
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