L’Ancora: n. 3 – marzo 1954 – pag. n. 1-4

Maria SS.ma non aveva potuto portare alcun sollievo a Gesù, lungo la via del Calvario. Incontri di sguardi tra Madre e Figlio, aumento di dolori morali, muta e vicendevole accettazione.
Il primo sollievo a Gesù non l’avrebbe portato un Apostolo, erano infatti tutti fuggiti, e nemmeno l’avrebbe portato un amico. Un passante invece, che rincasava dai campi, viene costretto a prendere la Croce di Gesù.

L’Evangelista San Marco è quello che dona più particolari su questo punto preciso.
Vedendo i nemici che Gesù era stremato di forze, dopo essersi consultati tra di loro, nel timore che dovesse venir meno rotto il pesante legno della Croce, tanto più dopo la sua precedente caduta, stabiliscono di dargli un aiuto.
Né si spiegherebbe questo aiuto se Gesù non fosse stramazzato per terra già parecchie volte.
« Requisiscono, quindi, un passante, Simone di Cirene, che tornava dai campi – il padre di Alessandro e di Rufo – perché portasse la Croce di Lui ».

Che bella circostanza per Simone di Cirene, portare la Croce di Gesù, con Lui, misurando i propri passi coi Suoi. Anche Simone di Cirene si chiamava Simone come Simone di Giovanni, il capo degli Apostoli, quello che aveva assicurato Gesù che non avrebbe subito alcun scandalo e che non sarebbe fuggito anche se tutti fossero fuggiti. Ma per Simone di Giovanni quella era l’ora delle tenebre.

Quale intima riconoscenza dovevano avere i Cuori di Gesù e di Maria per quell’atto di pietà e come Gesù avrà rinnovato la sua offerta all’Eterno Padre in quella nuova circostanza: l’umanità era unita all’Uomo Dio per espiare. E’ vero che Simone di Cirene non comprendeva l’onore che gli era concesso di partecipare alla passione del Salvatore del mondo, ma, purtroppo, anche per lui quella era l’ora delle tenebre.
In quel momento né Simone di Cirene, né il Sinedrio intendevano di fare il più piccolo atto di pietà verso Gesù.
Il Cronista infatti dice « requisirono », ossia, dovettero ricorrere all’autorità.
Unirsi infatti, anche per pochi istanti con quel condannato e portare sia pure per breve tempo la Croce, già voleva dire aver qualcosa in comune con Lui; e Gesù, in quel momento era bandito dalla società, talmente reietto che lo si sopprimeva per la pubblica incolumità.

Il comando poi di aiutare Gesù non veniva dai soldati. A loro non interessava affatto che Gesù fosse morto prima di arrivare sul luogo dell’esecuzione: anzi… meno fatica per essi. Ma se Gesù fosse morto prima della Crocifissione il trionfo del Sinedrio sarebbe stato sminuito. Gesù invece accetta quell’aiuto anche se forzato e lo ricompensa col dono della fede. Che quello sia stato il dono di Gesù è chiaramente indicato dall’Evangelista Marco, il quale parla di Simone di Cirene, gloriosamente conosciuto tra i primi cristiani come il padre di Alessandro e di Rufo.
Quante riflessioni potremmo fare noi!
La Croce genera la fede. Se la Croce non fosse entrata nella tua casa, oggi, tu, forse, non crederesti.
Forse anche tu, come Simone di Cirene, hai imprecato al dolore; ti sei rassegnato a malincuore ed hai preso la Croce sopra di te unicamente perché non hai potuto, a tua volta, costringere un altro a prendere la Croce in vece tua.
Non hai pensato alle infinite visualità che ti si sono schiuse dinanzi con la sofferenza ed hai preso su di te la Croce col broncio, per forza, come un castigo di Dio!

Col cuore stretto in una morsa ti sei chiesto ed hai chiesto attorno a te – ma fin dove dovrò portare questa Croce?
– Fin dove?
– Fin dove vuole Gesù!
– Ma di tutte le Croci essa è proprio quella che mi pesa di più forse tu gemi, essa è quella che maggiormente mi avvilisce…
– Così credi tu; in realtà essa invece è la più gloriosa, come lo è stato per il Cireneo l’aver portato la Croce in quel tremendo venerdì santo con Gesù, mentre tutti gli tiravano i più orribili lazzi.
Chi si ricorderebbe oggi di Simone di Cirene se non avesse portato la Croce di Gesù con Lui, lungo il Calvario?
Ora noi pensiamo e ragioniamo come i fanciulli, come principianti della fede; ma quando diventeremo più grandi e vedremo, come da uno spiraglio, la fecondità del dolore, allora soltanto, con facilità fiorirà sul nostro labbro il grido dei Santi « o patire, o morire », oppure meglio ancora, come S. Maria Maddalena dei Pazzi « patire e non morire ». Anche nelle anime generose vengono dei momenti di ribellione. Se non fosse così non avremmo nemmeno la virtù. La parola stessa « virtù » indica forza, ossia uno sforzo fatto, prima una volta, poi ripetuto, non una ma mille e mille volte, fintanto che la natura sia stata soggiogata ed allora quello sforzo diventa una bella abitudine ed avremo così, in fine, la virtù.
Sovente ci accade « come gli Apostoli sulla barca » di stringerci vicino a Gesù che dorme « a poppa su un guanciale » (Mc. IV, 38) e di gridargli:
– « Signore salvaci, siamo perduti » (Matt. VIII, 25).
Ma Gesù è vicino a noi, meglio ancora, con noi ed in noi. Anche se talvolta non sentiamo, proprio come il Cireneo, la bellezza della nostra missione, tuttavia Gesù è sempre lì che misura i suoi passi coi nostri. Noi con Lui continuiamo la redenzione, attraverso i secoli.

Pare che Egli in certi momenti ripeta alle anime nostre:
– « Perché siete paurosi (uomini) di poca fede? » (Matt.VIII, 26).
La natura si ribella, sì, è vero ; ma nel giorno in cui noi abbiamo chinato la fronte nel santo Battesimo, la Chiesa non ci ha affatto garantito pace, tranquillità, gaudi interiori ecc. anzi espressamente ci ha ammoniti, la vita del cristiano è una « milizia »; essa impone di camminare contro corrente, contro i desideri disordinati della concupiscenza per rivestirci di Cristo e continuare così con Lui la sua missione attraverso i secoli.
Alle parole di rimprovero da parte di Gesù verso i suoi discepoli seguì poi una gran bonaccia.
E così è anche nella nostra vita. Grande agitazione, ribellione lì per lì, molti perché, e poi finalmente subentra la riflessione, e, con la grazia, la calma più grande è ristabilita nei nostri cuori.
« Il mio giogo è soave, ha detto Gesù, ed il mio peso è leggero ». Il segreto che rende il giogo soave e leggero è l’amore costante.
Tutto sta a compiere i primi passi. Tutto sta ad abbracciare la Croce. La difficoltà è soltanto nell’inizio.

L. N. (continua)