Ogni domenica un versetto poetico. Per andare oltre il visibile. Perché le parole trasformano il mondo.
A cura di Maria Teresa Neato

Salvatore Quasimodo (Modica, 20 agosto 1901 – Napoli, 14 giugno 1968) è stato un poeta e traduttore italiano, esponente di rilievo dell’ermetismo.

Forse il cuore
Sprofonderà l’odore acre dei tigli
Nella notte di pioggia. Sarà vano
Il tempo della gioia, la sua furia,
quel suo morso di fulmine che schianta.
Rimane appena aperta l’indolenza,
il ricordo di un gesto, d’una sillaba,
ma come d’un volo lento d’uccelli
fra vapori di nebbia. E ancora attendi,
non so che cosa, mia sperduta; forse
un’ora che decida, che richiami
il principio o la fine: uguale sorte,
ormai. Qui nero il fumo degli incendi
secca ancora la gola. Se lo puoi,
dimentica quel sapore di zolfo
e la paura. Le parole ci stancano,
risalgono da un’acqua lapidata;
forse il cuore ci resta, forse il cuore.

Commento
L’attualità ci sta dicendo quando possano essere devastanti e distruttori gli incendi. Che fanno tabula rasa della vita precedente. Anche umana, a volte!
Una volta domati… rimane comunque la paura. E tutto il peso di un esistere… andato in fumo!
Non è facile, la poesia degli ermetici: essa trasmette proprio il senso dell’impenetrabilità dei sentimenti umani, decodificabili solo da chi li vive, o li condivide… offrendone la chiave di lettura. Qui ci è espressa la vacuità delle parole, che emergono per dire rimpianti e nostalgie di passate gioie e bellezze.
Vengono a galla da un’acqua… sepolta a forza, presa a sassate… E l’acqua, lo sappiamo, è anche vita, purificazione, candore: in particolare nel Battesimo! In mezzo a tanta percepibile negatività, il cuore rimane l’unica speranza di salvezza.
Allora… custodiamolo, il nostro! Rifugiandoci nei Cuori che sappiamo.