L’Ancora nell’unità di salute: n. 3 – 1979 – pag. n. 185-189

Mons. Luigi NOVARESE

Risvegliare la coscienza, illuminarla perché sia coscienza vera e certa, punto di confronto per qualsiasi intrapresa è il problema più urgente e più grave del nostro momento.
Qualsiasi esame o studio sui vari problemi, anche quanto mai urgenti, che non sia posto sulla base di una responsabilizzazione di coscienza, è tempo perso e sistema eludente perché la causa del baratro – e questa sembra ormai la parola giusta – in cui la società è caduta ha direttamente relazione con il fenomeno, quanto mai esteso nei vari strati della società, della perdita della coscienza.
La perdita della coscienza sfocia poi nei vari surrogati di comodo, creati per dare pace a se stessi, ma che in realtà dicono la perdita di un termine sicuro di confronto.
“La crisi del senso religioso sia alla radice della crisi del senso morale: un concetto errato sui nostri rapporti con Dio. La moralità viene a mancare del suo riferimento ad un principio assoluto “ (G.B. Montini, Lettera Pastorale sul senso morale, 1961).
Pio XII, il 26 ottobre 1946, al Congresso catechistico nazionale degli Stati Uniti in Boston, non ha dubitato di affermare che: “il più grande peccato del mondo è perdere il senso del peccato”, adducendo anche i motivi: “ Frutti di compromesso tra la terra ed il cielo; falso umanesimo che presenta il peccato come un arricchimento della propria personalità; immoralità; false teorie sui peccati”.
Paolo VI, il 28 marzo 1973, all’inizio della Quaresima, ha sottolineato “la necessità di prendere atto della realtà del peccato, che è nel mondo, che è ed è stato in noi”. Paolo VI, come già aveva fatto il suo predecessore Pio XII, delinea i motivi della perdita del senso del peccato: “La difficoltà dell’uomo profano moderno a parlare di peccato nasce dal fatto che nel concetto di peccato si include il riferimento a Dio; e Dio non deve essere più richiamato in causa nel linguaggio, anzi nel pensiero, nella coscienza dell’uomo secolarizzato, quale vuoi essere il figlio dei nostro tempo; il quale, occorrendo, parlerà di infrazione all’ordine, (…ma l’ordine non reclama esso pure un riferimento trascendente a Dio?), ovvero di colpo, oppure di libero esercizio delle proprie facoltà, e così via, ma non di peccato, che implica un concetto morale, collegato per via metafisica al primo Principio di ogni cosa che è Dio”.
La Costituzione pastorale “ Gaudium et Spes”, al n. 8, segnala che
“ nella persona si nota molto spesso lo squilibrio tra una moderna intelligenza pratica, ed il modo di pensare teoretico che non riesce a dominare né ad ordinare in buona sintesi l’insieme delle sue conoscenze”.
La medesima Costituzione; nello stesso numero, segnala la causa di questo squilibrio, “ la preoccupazione dell’efficienza pratica e le esigenze della coscienza morale “.
Nonostante questi chiari richiami e le quanto mai altrettanto chiare indicazioni della Gaudium et Spes sulla coscienza, esigenza, esercizio, dovere di ascoltarla, non si può dire che, collettivamente considerando, ci sia stata fino ad oggi una vera ripresa di coscientizzazione delle persone e delle masse.
Ne sono prova il Referendum sul divorzio e la Legge sull’aborto, nonché, in Italia, i milioni di cristiani aderenti a partiti fondamentalmente ateisti, anche se in piano di presentazione non si professano tali. Evidentemente non tutte queste persone, c’è per lo meno da augurarselo, hanno perso il senso della propria coscienza, ma i fatti, l’ordinamento ad esempio assistenziale con relativa legge sugli ospedali psichiatrici, si presenta politicizzato.
In tale ordine di impostazione, l’uomo è fondamentalmente un condizionato e non si può parlare del suo valore umano, quale creatura di Dio, da Dio redenta, con finalità ultraterrene, legata col proprio fratello in vincoli di inscindibile carità fraterna e soprannaturale.
La parola di Papa Giovanni Paolo Il rivolta, in continuità di pensiero, il 1° aprile u.s., giunge a noi come una diagnosi grave, sicura, densa di imponderabili, che assolutamente non può essere passata sotto silenzio:
“ L’uomo contemporaneo sperimenta la minaccia di una impassibilità spirituale e persino della morte della coscienza, e questa è qualcosa di più profondo del peccato: è l’uccisione del senso del peccato”.
Questo è il vero spazio che dice il percorso fatto dall’umanità nel suo allontanamento da Dio, esistente tra le due diagnosi fatte da Pio XII e da Giovanni Paolo II. Non soltanto quindi perdita del senso del peccato, ma morte della coscienza che è realmente qualcosa di più profondo e di maggiormente dannoso del peccato stesso, perché, fin tanto che la persona avverte l’interiore rimorso per quanto fatto, c’è speranza di vita, come quando il dolore del corpo avverte una alterazione fisica.
La coscienza che non reagisce più, non soltanto registra lo stato di morte dell’anima, ma lo stato di quiescenza del peccato che, come tale, non viene più avvertito, per cui lo si accetta e lo si vive come una componente della propria esistenza derivante dal pragmatismo, dal relativismo, dalla sensualità, dal proprio comodo o tornaconto, ecc.
Papa Wojtyla non esita di definire la morte della coscienza un peccato contro lo Spirito Santo. Non è, del resto, Dio l’autore della legge naturale scritta nel cuore di ogni uomo e del Decalogo, la tavola riassuntiva ditale profonda legge incisa nel cuore di tutti i popoli?
“ Tanti fattori – afferma Giovanni Paolo II nel medesimo discorso -concorrono oggi ad uccidere la coscienza negli uomini del nostro tempo, e ciò corrisponde a quella realtà che Cristo ha chiamato “peccato contro lo Spirito Santo”. Questo peccato comincia quando all’uomo non parla più la parola della croce come l’ultimo grido dell’amore, che ha la potenza di lacerare i cuori”.
I tanti fattori che concorrono ad uccidere la voce della coscienza, oltre ai punti indicati, sono da ricercare anche nella monopolizzazione della intelligenza dell’uomo, da parte di cricche ben precise che strutturano i mass-media secondo scopi ben stabiliti, ad esempio le innumerevoli uccisioni proiettate sullo schermo dei films polizieschi o ispirati alla violenza, finiscono con l’indurire gli animi sulle fratricide uccisioni che quotidianamente avvengono nella società.
L’ultimo scalino disceso dall’umanità nei nostri giorni con la morte della coscienza non è il raggiungimento di una piattaforma di civiltà e di conquista, bensì la risultante di tanto omertoso silenzio da parte di tanti responsabili di fronte all’immoralità ed ai numerosi errori che con un certo compiacimento venivano accolti e silenziosamente sostenuti. Non mancarono voci autorevoli dai Papi e Vescovi ai cattolici veramente impegnati che con vera fermezza si opposero all’andazzo corrente, nella recente Enciclica “Redemptor Hominis”, Giovanni Paolo II denuncia il prevalere della tecnica sull’etica, togliendo all’etica il prevalere della sua funzione propria del controllo degli atti dell’uomo in rapporto a Dio ed al prossimo.
Ma non basta, occorre fedelmente seguire le linee del Magistero. La gravità del male spinge all’azione e non alla quiescenza. Papa Wojtyla si rivolge ai giovani affinché siano essi a prendere coscienza di questa grande incoerenza della nostra società, per risvegliare tanti “ sacrari dell’uomo”, ossia tante coscienze, ove l’individuo “ si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria “ (Gaudium et Spes n. 16).
Ai giovani il Papa dice: “Avete potuto toccare con mano quanto il nostro mondo abbia bisogno di Cristo. É importante che continuiate ad annunciare con umile coraggio la Sua parola salvatrice. Da questo soltanto può, infatti, venire la vera liberazione dell’uomo. In Cristo, cioè, è posta la sorgente della forza che trasforma interiormente l’uomo, il principio di quella vita nuova che non svanisce e non passa, ma dura per la vita eterna “
(Discorso 1/4/1979).

Quale l’azione?

Leone XII nella sua Enciclica “ Exeunte Iam Anno “ (25 dicembre 1888) esorta:
1) “Non assecondare i costumi corrotti del secolo, ma combatterli e resistervi con costanza “.
2) “Correre ‘alla meta propostaci’ armati e pronti con quel coraggio e con quelle armi con le quali scese in campo Colui che ‘propostosi il gaudio, sopportò la croce’ “.
3) Far vedere ed intendere agli uomini “ che è cosa assai difforme della fede cristiana andare dietro, come si suol fare oggi, ad ogni sorta di piaceri, rifuggire dalla fatica, compagna della virtù, e non ricacciare nulla a se stessi di ciò che soavemente e delicatamente blandisce i sensi”.
“ Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la loro carne con i vizi e le concupiscenze .
“ Da ciò si deduce, conclude Leone XIII, che non sono di Cristo coloro i quali non si esercitano e non si abituano a patire, disprezzando le mollezze e le delicatezze della voluttà”.
Se l’errore vissuto e propagato è l’autore del peccato e della morte della coscienza, la verità proclamata e testimoniata è luce, posta in alto, che illumina, trascina, addita le mete da conseguire.
Essere divulgatori di verità intrepidi, costanti, pazienti nella dinamica della carità del Cuore di Cristo, significa svolgere opera di evangelizzazione, di elevazione e di soccorso alla nostra società caduta negli artigli del vizio e dell’errore.
Professione di verità con tutti, verità ad ogni livello, verità su ogni problema, verità detta senza acredine, senza polemizzare, sostenendo l’annuncio della verità, che è coerente testimonianza, con la preghiera e il sacrificio, affinché la verità sia vista come luce, abbracciata come bene sommo, seguita come via sicura.
Aiuti l’Immacolata, la creatura che immediatamente rispose di sì alla Verità che si rivelava, tutte le anime di buona volontà.