Annullata l’udienza generale di mercoledì 19 febbraio
«I risultati degli accertamenti effettuati nei giorni scorsi e nella giornata odierna hanno dimostrato una infezione polimicrobica delle vie respiratorie che ha determinato una ulteriore modifica della terapia. Tutti gli accertamenti effettuati sino ad oggi sono indicativi di un quadro clinico complesso che richiederà una degenza ospedaliera adeguata». La quotidiana comunicazione della Sala Stampa della Santa Sede aggiorna sulle condizioni di salute di Papa Francesco, ricoverato dal 14 febbraio nel Policlinico Gemelli. «Il suo umore è buono», fa sapere il direttore Matteo Bruni ai giornalisti, ai quali stamattina ha riferito che comunque Francesco la scorsa notte — terza di degenza — «ha riposato bene e stamattina ha fatto colazione», dedicandosi pure alla lettura di «alcuni quotidiani». Al momento non ci sono previsioni sulle dimissioni dall’ospedale, ha aggiunto il portavoce vaticano, comunicando in seguito l’annullamento dell’udienza generale del prossimo mercoledì 19 febbraio. La certezza, ora, è «il riposo assoluto» stabilito dallo staff di dottori.
Un riposo che, tuttavia, non ha impedito a Francesco di rinnovare l’appuntamento quotidiano con la parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza, la chiamata puntuale delle 19 con il parroco, padre Gabriel Romanelli, e tutti i rifugiati ospiti dei locali parrocchiali e dell’annesso collegio. È lo stesso Romanelli a confermarlo al telefono con i media vaticani spiegando: «Il Santo Padre ci ha chiamato i primi due giorni di ricovero, le persone aspettavano alle 20 (ora di Gaza) come sempre e nonostante abbiamo avuto un blackout in tutta la zona di Gaza City, lui ha insistito ed è riuscito a contattarci con una video-call. Ci ha domandato come stavamo, com’era la situazione, ci ha inviato la sua benedizione. Le persone gli hanno manifestato la loro vicinanza, lui ha ringraziato e ha dato la benedizione». «Abbiamo sentito la sua voce. È vero, è più stanco. Lui stesso ha detto: “devo curarmi”. Ma si sentiva la voce chiara, ci ha ascoltato bene», sottolinea il sacerdote argentino.
Ieri sera, invece, «Papa Francesco ha inviato un messaggio scritto al mio cellulare», racconta ancora padre Gabriel. Nel popolo della Sacra Famiglia non vi era alcuna aspettativa di una comunicazione col Pontefice, viste «le notizie sul suo trattamento per la bronchite». Invece Jorge Mario Bergoglio ha voluto farsi presente: «Mi ha inviato un piccolo messaggio dicendo che ringraziava per la vicinanza e le preghiere e ricambiava con la sua benedizione». Preghiere che proseguono incessanti sottolinea Romanelli: «Speriamo che il recupero avvenga presto e che possa tornare a San Pietro a continuare la sua missione e il suo lavoro».
Lo stesso auspicio che esprimevano ieri mattina, domenica 16, alcuni fedeli ritrovatisi nel cortile del Gemelli alle 12 in punto, orario dell’Angelus. Il Papa non ha guidato la preghiera mariana, ma la nutrita folla di persone assiepata nel corrimano al lato sinistro, sotto un sole che a Roma non si vedeva da giorni, ha sperato comunque in un cenno, un affaccio, un movimento delle tende bianche del decimo piano. Erano una cinquantina tra coppie, gruppi, famiglie, sacerdoti, al Policlinico per una visita o il ricovero di un parente. Sono stati tutti in fila con la testa verso l’alto, sfoderando gli smartphone, quando, alle 12.02, un’anziana signora ha urlato all’improvviso: «Ecco, ecco, qualcosa si è mosso lì». Un sobbalzo generale, gli zoom puntati verso il balcone e intanto il vociare: «Dove? Come? Quando?».
Per una ventina di minuti, trenta per i più fiduciosi, il gruppetto è rimasto nella piazza, all’ombra della grande statua bronzea di Giovanni Paolo ii, nella speranza di «un’improvvisata». «D’altronde questo Papa ci ha abituato a sorprese», diceva Gabriele. Mentre tre donne calabresi, venute da Cetraro, sospiravano: «Vogliamo fare al nostro Papa un augurio speciale di buona guarigione, speriamo di rivederlo presto».
Dalla Calabria viene anche Ermelinda, al Gemelli per una biopsia. Un esame delicato, ma la donna le preghiere le riserva solo al Papa. «È l’arma più importante, lui ce lo chiede sempre: pregate per me. Noi lo facciamo, vogliamo che stia bene». Pregava, snocciolando un grande Rosario argentato, anche don Jarosław, prete polacco studente a Pamplona, a Roma per lavoro. «Sono qui a fare il mio dovere!», ha esclamato, inviando un messaggio al Papa: «Santità, le auguriamo che guarisca presto, che possa continuare a svolgere la sua missione».
Hanno ricordato il Papa anche i tanti pazienti e fedeli che hanno partecipato alle Messe celebrate dai francescani nella cappellina interna del Gemelli — di recente costruzione — intitolata a Wojtyła. Pure loro si sono affrettati a uscire nella piazza a mezzogiorno. Tutti condividendo un preciso auspicio: «Di vedere Papa Francesco riaffacciarsi dalla finestra. Ma dalla sua, non da quella di un ospedale».
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