L’ attualità del messaggio del venerabile Giunio Tinarelli, Silenzioso Operaio della Croce
Un ruolo di primaria importanza nell’indirizzare le scelte di vita di Giunio l’ebbe Mons. Luigi Novarese, padre e fondatore dei «Silenziosi Operai della Croce», di cui il Servo di Dio fu membro e primo incaricato. Impegnati entrambi a percorrere il cammino della santità – anche se l’iter canonico del figlio è più avanzato essendo morto quasi trent’anni prima – l’uno e l’altro costituiscono due fari di luce chiamati ad illuminate i cristiani del nostro tempo, soprattutto il mondo dei sofferenti.
Mons. Novarese è entrato nella vita di Giunio solo negli ultimi sette anni della sua esistenza, dal 1949 al 1956, anno della morte di Giunio stesso, ancora in tempo però per imprimere alla sua vita quel dinamismo ascetico ed apostolico che doveva portare il Servo di Dio a realizzare la perfezione della carità verso Dio e verso i fratelli. Ebbene, considerando un dono del Signore l’incontro con Giunio, che incarnava l’ideale dell’ammalato che accetta ed offre per amore la propria sofferenza, Mons. Novarese ha esaltato il suo valore ecclesiale e l’attualità del suo messaggio notando come ai veramente giovani Giunio Tinarelli insegna: la docilità, l’amore alla vita, la sua gioiosa serenità, la gioia di donare.
La docilità. Giunio si è lasciato sempre umilmente guidare da chi voleva condurlo sulla retta via: da Mamma Maria che ha difeso il deposito della fede e della grazia nel suo cuore, alle sue buone sorelle, da Don Peppino lungo i 30 anni più decisivi della sua esistenza, da Mons. Novarese perché la sua vita avesse il tocco finale della perfezione evangelica. Giunio ha attuato il principio che Mons. Novarese propone a tutti i giovani handicappati: «Prendi coscienza delle tue capacità residue per svilupparle al massimo e dei tuoi limiti per non illuderti». Ha sviluppato al massimo i suoi talenti umani e soprannaturali e non si è mai illuso, neppure dell’aiuto che gli poteva derivare dagli altri. La totale sua fiducia e Speranza l’ha riposta in Dio, in Gesù crocifisso e nella Vergine Immacolata alla quale si è costantemente affidato con l’amore e la semplicità di un piccolo bambino.
L’amore alla vita. Giunio Tinarelli ha amato la vita, sempre, e tutte le cose belle che la vita offre, tutti i valori e gli ideali umani: l’amicizia, il lavoro, la famiglia, lo studio, la natura … E man mano che gli ideali umani crollavano, ha saputo contrapporre valore a valore: ai poveri valori umani, ha contrapposto i valori dello spirito, del cuore, della grazia, i valori soprannaturali: la santità, l’apostolato … Mons. Novarese soleva dire di Giunio: «Non ha mai subìto lo stato di necessità; ma si è costantemente impegnato di fronte alla vita!». Non si è in realtà mai arreso, mai si è sentito un fallito; ma si è sentito pienamente realizzato anche durante i suoi 18 anni di immobilità assoluta. «Perché – diceva Mons. Novarese parlando di lui alla radio vaticana – Si tratta solo di impostazione di vita!». Di qui derivava:
La sua gioiosa serenità. Questa la caratteristica che costringeva tutti a fermarsi davanti a lui e chiedersi, come faceva S. E. Mons. Dal Prà, il Vescovo con cui si sono molto amati: «O è scemo o è santo (a sorridere in quel modo)». Ma chi parlava con lui si accorgeva che non era scemo. La gioia vera, autentica, nasce nel sofferente dalla coscienza della propria vocazione, dall’amore alla propria “vocazione alla sofferenza”. Mons. Novarese l’ha sempre detto. Recentemente lo dice ufficialmente la Lettera Apostolica “Salvifici Doloris”: quando l’uomo scopre questa vocazione «trova nella sua sofferenza la pace interiore e perfino la gioia spirituale» (n. 26): Lo stesso Giovanni Paolo II nella sua lettera autografa a Mons. Luigi Novarese inviata in occasione dell’ Anno Giubilare della Redenzione, dopo aver detto che la contemplazione del Crocifisso fa sentire al sofferente «una nota caratteristica e a prima vista paradossale, quella cioè della gioia», per dimostrarlo porta proprio l’esempio di Giunio con queste parole: «Tale vertice di amore misericordioso è tutt’altro che raro anche ai nostri giorni: è nota infatti la figura del Servo di Dio Giunio Tinarelli, Silenzioso Operaio della Croce, che ha saputo così eloquentemente testimoniare l’autentica gioia cristiana, pur in mezzo ad atroci sofferenze»(24.2.1983). L’elogio di Giovanni Paolo li completa quello di Pio XII che nel decennale dell’Apostolato del “Centro Volontari della Sofferenza” presentava agli ammalati l’esempio «dell’operaio delle Acciaierie di Terni, morto in concetto di santità, il quale in una delle sue lettere scriveva: ‘Gli ammalati non siano mai disoccupati, ma strappino anime al nemico delle anime nostre, fino alla salvezza totale delle anime che popolano la faccia della terra’» (7.10.1957). E queste parole Giunio le scrisse in occasione della sua Consacrazione fra i Silenziosi Operai della Croce. Operaio prima dell’industria, poi Operaio della Croce, Giunio ha dimostrato che nel lavoro assiduo c’è la gioia.
La gioia di donare. – Ed è proprio questo l’aspetto più bello che dovrebbe entusiasmare i giovani: la gioia del dono, perché, dice Gesù: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20, 35): la gioia del servizio, la gioia dell’apostolato, la gioia di salvare un’anima. Nella medesima Lettera a Mons. Novarese il Papa dice che i Volontari della Sofferenza sono gli ammalati che “uscendo dal loro isolamento” sono “in grado di dare agli altri fratelli infermi coraggio, sostegno, speranza e gioia di vivere”; ad una condizione, dice il Papa: «Se sapranno saldare il loro cuore col Cuore di Gesù squarciato per amore degli uomini, allora saranno con lui apostoli e benefattori dell’umanità». Mons. Novarese vide in Giunio Tinarelli colui che realizzava pienamente questo ideale per questo lo proponeva modello per i giovani. Noi vediamo oggi questo Modello anche in Mons. Novarese che ha saputo guidare tanti giovani sofferenti all’eroismo delle virtù cristiane.
[Fonte: Don Antonio Giorgini, biografo di Giunio Tinarelli]
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