All’udienza generale, Francesco inaugura un nuovo ciclo di catechesi per il Giubileo, dal titolo “Gesù Cristo nostra speranza”, e riflette sulla genealogia che nel Vangelo di Matteo cita figure femminili “straniere” al popolo di Israele ma centrali nella storia della salvezza: simboleggiano l’apertura di Gesù a credenti e non credenti.

Riflettere su “Gesù Cristo nostra speranza”, titolo del nuovo ciclo di catechesi che accompagnerà il Giubileo, significa partire dalla genealogia del Figlio di Dio. Un elenco dove non mancano “nomi a dir poco problematici”, ai quali – diversamente dall’Antico Testamento – si affiancano alcune donne. Esse, “straniere” rispetto “al popolo di Israele”, rappresentano il “tramite” attraverso cui la missione di Gesù si estende al “mondo delle genti”. Tra loro, spicca Maria, un “nuovo inizio”, poiché non più “creatura umana protagonista della generazione, ma Dio stesso”.

Nell’udienza generale di oggi, 18 dicembre, tenutasi in Aula Paolo VI, Papa Francesco invita a risvegliare una “memoria grata nei confronti di nostri antenati”. L’esortazione si inserisce nella cornice del nuovo ciclo di catechesi che esordirà con l’infanzia di Gesù, ispirandosi ai Vangeli di Matteo e Luca. Testi che spaziano dal “concepimento verginale di Gesù” alla “sua nascita dal grembo di Maria”, attraversando le profezie in lui compiute e trattando il tema della “paternità legale” di Giuseppe, colui “che innesta il Figlio di Dio sul ‘tronco’ della dinastia davidica”.

Tutto fiorisce in Maria e Gesù, “neonato, bambino ed adolescente”

La storia di Gesù, presentato “neonato, bambino ed adolescente”, “sottomesso ai suoi genitori” e al contempo “consapevole di essere tutto dedito al Padre e al suo Regno”, viene trattata attraverso due distinte prospettive. Luca, “con gli occhi di Maria”, mentre Matteo “con quelli di Giuseppe, “insistendo su una paternità così inedita”. Il suo Vangelo si apre, infatti, proprio con una genealogia. Essa, già presente nelle Scritture ebraiche per “mostrare la verità della storia e la verità della vita umana”, non nasconde personaggi “a dir poco problematici”, facendo poi finire e fiorire “tutto” in Maria e in Cristo.

Nome, appartenenza ed adesione, trasmessi di generazione in generazione

L’elenco dei nomi tracciato dall’evangelista rappresenta il passaggio da una generazione all’altra, e racchiude tre elementi essenziali: un nome, “che racchiude un’identità e una missione uniche”; un’appartenenza, “a una famiglia e a un popolo”; un’adesione “di fede al Dio d’Israele”.

“Nessuno si dà la vita da sé stesso”

Francesco si sofferma sul valore della genealogia come genere letterario, capace di veicolare il messaggio per il quale “nessuno si dà la vita da sé stesso, ma la riceve in dono da altri”. In questo contesto, si prende in esame il popolo eletto “e chi eredita il deposito dell’eredità”.

Le quattro donne che aprono la missione di Gesù

Tra le genealogie del Nuovo e dell’Antico Testamento emerge una differenza significativa. Mentre nelle vecchie genealogie compaiono “solo nomi maschili”, nella “lista di Matteo” sono presenti anche cinque donne. Il Papa cita le prime quattro: Tamar, la nuora di Giuda, “che, rimasta vedova, si finge prostituta per assicurare una discendenza a suo marito”; Racab, la “prostituta di Gerico che permette agli esploratori ebrei di entrare nella terra promessa e conquistarla”; Rut, che nell’omonimo libro “resta fedele alla suocera, se ne prende cura e diventerà la bisnonna del re Davide”; Betsabea, “con cui Davide commette adulterio e, dopo aver fatto uccidere il marito, genera Salomone”.

Non peccatrici, ma simbolo di allargamento ad “ebrei e pagani”

La loro caratteristica comune non è il fatto di essere peccatrici – “come a volte si dice, evidenzia il Papa – ma di essere “straniere” rispetto “al popolo di Israele”, simboleggiando dunque l’apertura di Gesù e della sua missione ad “ebrei e pagani”.

Maria, non protagonista della generazione, ma “Dio stesso”

La quinta donna è Maria, che “acquista particolare risalto” in quanto menzionata non “accanto all’uomo che è nato da loro o a colui che l’ha generato”. Neppure come “creatura umana protagonista della generazione” ma, ancora più in rilievo, come “Dio stesso”. Una valorizzazione evidenziata dall’utilizzo del verbo “è nato”, riferito a Gesù. Egli è “figlio di Davide, innestato da Giuseppe in quella dinastia e destinato ad essere il Messia d’Israele” ma al contempo “figlio di Abramo e di donne straniere, destinato quindi ad essere la ‘luce delle genti'”.

Consacrato al Padre e figlio del falegname

L’ingresso di Gesù nella scena del mondo avviene come quello di “tutti i figli dell’uomo”. Egli, “figlio di Dio, consacrato al Padre con la missione di rivelare il suo volto”, a Nazareth sarà chiamato anche “figlio di Giuseppe”, o “figlio del falegname”. Titoli che sottolineano la sua duplice natura: “vero Dio e vero uomo”.

L’inaugurazione delle Case dell’acqua

Prima dell’udienza generale, il Papa ha benedetto le due nuove Case dell’acqua dislocate in Vaticano. Una parte delle 14 installate da Acea in vista dell’Anno Santo per dissetare gratuitamente turisti e pellegrini lungo i percorsi giubilari. Presente monsignor Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione e responsabile del Giubileo 2025.