In un messaggio ai partecipanti al convegno in corso alla Pontificia Accademia per la Vita, Francesco ribadisce l’invito a superare gli interessi particolari per realizzare una fraternità non teorica ma concreta comunione di volti e storie.

Il bene comune è anzitutto “una pratica”, fatta di “accoglienza fraterna” e di “comune ricerca” di verità e giustizia. Ed è di “grande importanza” richiamare questo caposaldo della dottrina sociale della Chiesa in un mondo, quello attuale, “segnato da tanti conflitti e contrapposizioni” frutto dell’incapacità di “alzare lo sguardo oltre interessi particolari”. Sono le parole che Papa Francesco affida in un messaggio ai partecipanti all’incontro “Bene comune: teoria e pratica” organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita, che ha preso il via ieri, 14 novembre, presso il Palazzo San Calisto.

Il dibattito bioetico nel contesto sociale e culturale

Un appuntamento che secondo il Papa è “particolarmente significativo” per diverse ragioni. Prima di tutto, “se si vuole realmente custodire la vita umana in ogni contesto e situazione”, spiega, “non si può prescindere dal collocare i temi della vita, anche quelli più classici del dibattito bioetico, nel contesto sociale e culturale in cui tali fenomeni accadono”. Per Francesco una difesa della vita che si limiti “solo ad alcuni aspetti o momenti” e che non tiene conto “in modo integrale” di tutte le dimensioni esistenziali, sociali e culturali, “rischia di essere inefficace e può cadere nella tentazione di un approccio ideologico, dove si difendono più i principi astratti che le persone concrete”.

La ricerca del bene comune e della giustizia sono aspetti centrali e imprescindibili di qualunque difesa di ogni vita umana, soprattutto le più fragili e indifese, nel rispetto dell’intero ecosistema che abitiamo.

Cooperare al futuro dell’umanità grazie a diversi saperi

In seconda battuta, il Pontefice sottolinea la presenza, al convegno, di donne con responsabilità e provenienze diverse: “Abbiamo bisogno, nella società come nella Chiesa, di ascoltare voci femminili”, evidenzia, e che saperi diversi cooperino all’elaborazione di una riflessione “ampia e saggia” sul futuro dell’umanità. Quando tutte le culture mondiali potranno offrire il loro contributo ed esprimere bisogni e risorse, allora potremo “pensare e generare un mondo aperto”, come si legge nell’enciclica Fratelli tutti.

Il bene comune è molto invocato e poco praticato

In riferimento al testo magisteriale citato, Francesco rimarca nel suo messaggio che “la fraternità universale è, in qualche modo, un modo ‘personale’, caldo, di intendere il bene comune. Non semplicemente un’idea, un progetto politico e sociale, piuttosto – ribadisce – una comunione di volti, di storie, di persone”.

Infine, il Papa auspica lo sviluppo di “solide teorie economiche” che assumano e sviluppino il tema del bene comune, affinché possa diventare un “principio effettivamente ispiratore delle scelte politiche” e non soltanto una “categoria tanto invocata nelle parole quanto disattesa nei fatti”.