Penegal, 1 settembre 1966
All’età di circa 13 anni, mentre ero ammalato, ho fatto un sogno.
Mi trovavo nella Cappella del piccolo Seminario di Casale, ma mentre era Cappella del Seminario aveva dei richiami di Roma della camera di S. Luigi. La statua della Madonna, che si trova sull’altare, medaglia miracolosa, era vicino all’altare, lato epistola.
La Statua si era animata ed io allora domandai alla Madonna:
– Mi salverò?
La Madonna sorridendo rispose di sì annuendo anche col capo.
– Guarirò?
Sì, verso la fine del mio mese.
– Sarò prete?
La Madonna sorrise, ma non rispose.
La statua era ritornata ad essere statua.
Malattia
A nove anni, poco più, in primavera, mi sono ammalato, coxite destra TBC, era il 1923 e frequentavo la quarta classe elementare.
Mi portarono in braccio a dare l’esame di ammissione al Trevisio e fui promosso.
Al nono anno di malattia, mi trovavo al S. Corona Pietra Ligure. Avevo 17 anni. Scrissi a Don Rinaldi, generale dei Salesiani, domando preghiere alla Madonna Ausiliatrice e a S. Giov. Bosco per la mia guarigione.
Don Rinaldi mi rispose che i giovani dell’oratorio avrebbero iniziato una novena per me verso la fine di aprile. In tre novene si sono chiusi sette ascessi freddi bei grossi che dall’inizio della malattia erano aperti, senza alcuna cura speciale; la gamba che non mi reggeva più ed era penzoloni, incominciò a sorreggermi. Lasciai le stampelle e ho incominciato a camminare come ancora oggi cammino senza mai più avere il più piccolo disturbo.
Appena nato mia mamma mi ha detto che sono stato in fin di vita e che mio padre mi ha battezzato. Dopo tre giorni di vita non riuscivo ancora a prendere il latte. Soltanto con la preghiera e l’immissione di acqua di foglie in gola da parte di mia mamma ho all’improvviso iniziato a succhiare il latte di mia madre.
In tutto il decorso della malattia ho avuto 21 ascessi freddi, sparsi in tutto il corpo, che buttavano molto pus ogni giorno.
Le mie stampelle le avevo portate alla Chiesa del Valentino di Casale, e poste all’altare di S. Giov. Bosco.
Vocazione al sacerdozio!
Dopo avere frequentato come esterno perché malato un paio di anni il ginnasio al Seminario minore di Casale, deposi il pensiero di essere sacerdote.
Finito il periodo di malattia ho frequentato la quarta magistrale inferiore, scegliendo quel ramo perché più breve degli altri e perché aveva lo studio del latino, desiderando tenere aperta la eventuale strada del sacerdozio.
Volendo fare uno studio che mi avvicinasse agli ammalati ho dato l’esame di licenza ginnasiale al Collegio di Moncalieri, ove avevo trascorso un breve periodo quale assistente dei giovani, circa due anni.
Desideravo arrivare all’università di medicina per dedicarmi agli ammalati.
Per consiglio del P. Ceconi, allora mio confessore a Moncalieri, troncai di frequentare la 1^ liceo e mi recai a casa per prepararmi come privatista alla licenza liceale, liceo scientifico.
Mentre mi preparavo all’esame di licenza liceale, mia mamma, che già soffriva di angina pectoris, improvvisamente il 23 maggio, alle 22,10, nell’imminenza della festa dell’Ausiliatrice, morì.
L’esame di licenza liceale andò male e fui bocciato. Per consiglio dei professori si voleva che frequentassi l’ultimo anno del liceo.
Nelle vacanze, quasi subito dopo l’esame, P. Ferro, ora Arcivescovo a Reggio Calabria, mi consigliò di riposarmi un po’ e mi disse di recarmi a Diano Marina alla Villa Marcozzi, pensione per giovani studenti.
Fu lì, che come all’improvviso, vedendo la leggerezza dei compagni di villeggiatura, mi feci il ragionamento seguente: “Se anche arrivo ad essere medico, ad un certo punto non potrò fare più nulla, mentre il sacerdote ha sempre il sacerdote incomincia ad intervenire nelle anime ed ha un raggio di azione più vasto. Tanto vale che faccia subito il passo più lungo!!”.
La decisione era fatta.
La comunicai a P. Ferro, Rettore del collegio Trevisio a Casale, e mio confessore, il quale mi rispose: “E’ da tempo che aspettavo che tu me lo dicessi”.
- Ferro mi insegnò filosofia, primi elementi, mi presentò al Vescovo, mi fece sostenere l’esame di filosofia di fronte a Don Rota e mi mandò a Roma al collegio Capranica.
Non c’era posto al collegio Capranica.
Ho fatto la Vestizione al Valentino il 27 ottobre festa di Cristo Re ed ancora non sapevo dove sarei andato a studiare.
Mons. Rossino, Visitatore Apostolico dei Seminari, per interessamento del Vescovo ottenne, proprio una grazia data l’estrema limitatezza dei posti al Capranica e la domanda fatta all’ultimo momento, la mia ammissione al collegio.
Il 6 novembre 1935, sono andato a Roma.
La Madonna era intervenuta col dono della vocazione, creandomi il vuoto attorno, proprio nella vicinanza della sua festa perché non sentissi troppo la morte della mamma.
1942 – 30 aprile: S. E. Mons. Montini mi ha invitato a lavorare in Segreteria di Stato ed ho preso servizio il 1^ Maggio.
8 dic. 1953: a mezzanotte, mentre suonavano le campane di Roma per l’inizio dell’anno mariano, ebbi una specie di collasso, che durò un anno.
Avevo chiesto alla Madonna la grazia di non andare in ufficio nell’anno a lei consacrato, per poter lavorare per lei.
Ometto di citare quanto noto dagli esorcismi tenuti a Domenica Montioni a Francesco e Maria Laura Mastropietro da cui si è notato l’odio per questo apostolato e la rabbia dell’inferno per la protezione della Madonna verso il sottoscritto e la sorella Elvira.
Uguale odio l’ha dimostrato spaventando con rumori e colpi ai tavolini, suonerie di citofoni, movimenti di fiori senza correnti d’aria, sia le impiegate dell’ufficio (Rosina, Amalia, Gina) sorella Elvira e sorella Marta. In modo particolare disturba dal 1960 ad oggi la sorella Elvira.
La sua azione è diretta ad allontanare sorella Elvira dall’apostolato, insinuando incomprensione da parte del sottoscritto, cercando di farle vedere un mio desiderio di emergere, di minimizzare quanto da lei fatto, di metterla nell’ombra.
Il medesimo insinua con parole udite anche all’esterno, malcontento della comunità verso di lei, sopportazione da parte delle sorelle, impotenti a metterla fuori, intese particolari di alcune sorelle tra di loro e con il sottoscritto ai danni suoi, per creare sfiducia in essa verso le altre e contro la comunità fino a spingerla ad abbandonare la comunità.
Ha cercato di spaventarla apparendole sotto forma di cane nero, grande, con lingue di fiamme che gli uscivano dagli occhi, rumori, apparizioni interne durante il ringraziamento della Comunione. In questi casi lo sguardo di Gesù Bambino, ugualmente presente nella visione interna, lo mette in fuga e ritorna la pace.
[Fonte: ASSODC, Fondo Novarese, Roma]
Scrivi un commento