Incontro della serenità è una trasmissione sulle frequenze della Radio Vaticana, che sulla scia del Beato Luigi Novarese si mette in dialogo con chi soffre.

Questa volta Paolo Migani ci permette di ritornare alla celebrazione del 40° anniversario dalla nascita al cielo del beato Luigi Novarese, che si è tenuto a Roma lo scorso 20 luglio.

Questa settimana ci soffermiamo sulle parole di padre Carmine Arice del Cottolengo, nonché già Direttore dell’Ufficio Nazionale della Pastorale della salute presso la CEI, che riflette sulla preziosità del carisma novaresiano perché

Se nulla è moralmente più devastante della mancanza di un senso per vivere, soprattutto quando la sofferenza segna corpo e anima, così nulla è più prezioso e benefico di uno scopo vero e credibile, capace di illuminare le notti dello spirito. 

TRASCRIZIONE

Laudetur Jesus Christus. Qui, la Radio Vaticana.

Paolo Migani:
Incontro della Serenità, una trasmissione in dialogo con chi soffre.

Canto:
Una voce di speranza
parla nella sofferenza
e dalla carità rinasce la serenità

Trasformando nell’amore
il mistero del dolore
che non ci fermerà
e il cuore non ci chiuderà.
E saremo noi
missionari di salvezza,
volontari dell’umanità.

Semplici operai
ma gli eroi di mille imprese
e Luigi Novarese sarà per sempre con noi.

E dall’alto della croce,
noi possiamo fare luce,
e insieme con Maria,
ridisegnare questa via.

E saremo noi
missionari di salvezza,
volontari dell’umanità.
Semplici operai,
ma gli eroi di mille imprese,
e Luigi Novarese sarà
Per sempre con noi, con noi.
Beato per noi, per noi.

Semplici operai,
ma gli eroi di mille imprese
e Luigi Novarese sarà.
Per sempre con noi, con noi.
Beato per noi, per noi.

Ben ritrovati con Paolo Migani all’ascolto della trasmissione Incontro della Serenità sulle Frequenze della Radio Vaticana. Sabato 20 luglio, nel pomeriggio a Roma, sono stato presente all’interessantissimo evento del Centro Volontari della Sofferenza e dei Silenziosi Operai della Croce, dal titolo Dalle Radici ai Frutti, evento creato per ricordare il quarantesimo della morte del beato Luigi Novarese e la pubblicazione della lettera apostolica Salvifici Doloris, che è un po’ il sigillo del carisma novaresiano. Il tutto è iniziato nella chiesa Santa Maria del Suffragio, a Via Giulia, chiesa nella quale abbiamo trovato un po’ di refrigerio dall’opprimente caldo del primo pomeriggio romano. Dicevo che si è iniziato con la preghiera e con il canto Fammi credere, che ascolteremo fra un po’.

Don Wojtek ha introdotto il momento.

Benvenuti a tutti in questo pomeriggio nella chiesa di Santa Maria del Suffragio, che ospita la tomba del nostro beato fondatore nel giorno in cui celebriamo 40 anni dalla sua nascita al Cielo. Lui ha corso con Maria, con Gesù, per 70 anni su questa terra. Da 40 anni, invece, corre insieme a noi, ai volontari della sofferenza, ai silenziosi operai della croce, a tutti quelli che hanno bisogno di una luce, di una parola di salvezza nel momento, quei momenti più difficili, più bui che la sofferenza è sempre per ognuno di noi.

E dopo la sua introduzione Don Wojtek ha lasciato la parola al Moderatore dei Silenziosi Operai della Croce, Johnny Freire, per un saluto.

Buongiorno tutto il giorno a tutti voi. Quando mi è stato chiesto di rivolgere un saluto, la prima cosa che mi sono chiesto a me stesso: Perché celebrare? E qui sono venuti fuori per la formazione degli studi, soprattutto degli studi biblici. Nella Bibbia si celebra per non dimenticare. Si celebra perché sappiamo che le condizioni, la situazione della vita e del quotidiano, a volte, ci fanno dimenticare. Allora si celebra esattamente per non dimenticare, ossia per riportare al cuore, ossia per ricordare. È quello che spero che sia e sono sicuro che sarà, questi momenti. Anche se, ci possiamo misurare soltanto per i numeri dei partecipanti, io lo misuro per la capacità di ricordare, di ricordare la figura di Monsignore e di riportarla al nostro oggi, l’oggi che ciascuno di noi vive. E questo è l’augurio che siamo veramente capaci di ricordare, di riportare questa figura, ma soprattutto il legato [l’eredità] del beato Luigi Novarese a ciascuno di noi. Dopo Johnny Freire è intervenuto Giancarlo Cerutti, nipote del beato Luigi Novarese, che ha raccontato alcuni suoi ricordi dello zio. E alla fine del suo intervento è iniziata la parte dei due relatori: don Carmine Arice e don Janusz Surzykiewicz.

Ma prima di ascoltare alcune parti dell’intervento di Don Carmine Arice, ascoltiamo appunto il canto Fammi credere.

Fammi credere, oh Signore,
che il dolore è forza
per portare amore
là dove il futuro è chiuso alla speranza,
dove l’uomo cerca e non trova te.

Che io non veda nel mio male
un ostacolo alla perfezione.
Fammi capire che la sofferenza
si trasforma in moneta di conquista.

Fammi credere, oh Signore,
che il dolore è forza
per portare amore
là dove il futuro è chiuso alla speranza,
dove l’uomo cerca e non trova te.

Voglio comprendere che la vita
non è solo quella che io vedo.
Voglio allargare i miei orizzonti,
diventare uno strumento del tuo amore.

Fammi credere o Signore,
che dolore è forza per portare amore
là dove il futuro è chiuso alla speranza,
dove l’uomo cerca e non trova a te.

Esser il sostegno ad ogni uomo,
su cui tutti si possano appoggiare.
Esser l’immagine tua, ecco io voglio,
testimone che tu sei presenza in noi.

Fammi credere oh Signore
che il dolore è forza
per portare amore
là dove il futuro
è chiuso alla speranza,
dove l’uomo cerca e non trova a te.

Fammi credere oh Signore,
che il dolore è forza
per portare amore,
là dove il futuro è chiuso alla speranza,
dove l’uomo cerca e non trova te.

Don Carmine Arice, superiore dei sacerdoti di San Giuseppe Cottolengo, ci ha presentato la parte delle radici della Salvifici Doloris, che ha confermato con il sigillo del Magistero Pontificio il carisma per il quale Monsignor Luigi Novarese ha poi speso tutta la sua vita. Purtroppo i microfoni innescavano un po’, per cui l’audio potrà risultare a volte disturbato. Ascoltiamo Don Carmine.

Introduzione: un carisma originale, prezioso e coraggioso

Cari amici della famiglia dei Silenziosi Operai della Croce, del Centro Volontari della Sofferenza, buona festa. Sono davvero onorato di prendere la parola oggi qui in questo luogo, memoria del beato Luigi Novarese. Siamo nella chiesa in cui tante volte Egli ha celebrato il Divin sacrificio, dove riposa il suo corpo nell’attesa della risurrezione. E qui accanto vi sono le stanze dove lo Spirito Santo è sceso nel cuore di Monsignore per dar vita a un carisma originale, prezioso e coraggioso. Mi pare di vedere questa realtà qui come la vostra Nazareth Come poi Re, Arco di Trento, Valleluogo, Montichiari, Rocca Priora, e altri luoghi così significativi diventano la Betlemme. Qui lo Spirito Santo è sceso nel cuore di Monsignore e poi è nata l’opera diffusa in tutto il mondo. Dicevo, ritengo che il carisma di Monsignore sia un carisma originale, prezioso e coraggioso.

Originale anzitutto, perché? Perché il dono dello Spirito Santo è sempre originale ed è originante, dà vita, originante nel beneficiare la Chiesa per edificarla e farla crescere a seconda del bisogno che ha la Chiesa in quel luogo, in quel tempo preciso e particolare, ci dice la Lumen gentium. Inoltre questo è un carisma che ritengo prezioso anche, perché ricorda a tutti noi che se nulla è moralmente più devastante della mancanza di un senso per vivere, soprattutto quando la sofferenza segna corpo e anima, così nulla è più prezioso e benefico di uno scopo vero e credibile, capace di illuminare le notti dello spirito. Per grazia di Dio e spirito di fede, sapere che la sofferenza del credente, unita a quella di Gesù non sprecata perché rende il cristiano, seppur fragile, vulnerabile, peccatore, collaboratore di Cristo per la salvezza del mondo e protagonista di una storia sacra è un dono impagabile. Infine, quello di Novarese è un carisma coraggioso, soprattutto in un tempo come quello in cui stiamo vivendo, nel quale sovente ci si scopre malati da ansia di prestazione e schiavi di ciò che appare. Un tempo dove si cerca di anestetizzare ogni fatica e si pensa alla sofferenza, piccola o grande che sia, solo come una irragionevole sconfitta e quindi un’esperienza da evitare. E così oggi si parla non solo di diritto alla salute, invece che di diritto alla cura, come si dovrebbe fare. La salute non è un diritto, è un dono. È la cura che è un diritto. Quando noi diciamo articolo 32 della Costituzione, il diritto alla salute, la salute è un dono. La cura della nostra salute o della nostra malattia, quello dovrebbe essere un diritto per tutti. E oggi si parla non solo di diritto alla salute, invece che di diritto alla cura, ma anche di diritto a non soffrire. E mi riferisco, naturalmente, non alle doverose cure palliative, ma a una certa mentalità che vuole cancellare ogni traccia di limite, di fragilità e di vulnerabilità. Monsignor Novarese, ecco per cui dico che è un carisma coraggioso, ha avuto il coraggio di dire, illuminato dalla rivelazione, naturalmente, che la sofferenza può essere redenta e salvata, e non solo eventualmente evitata. Che la sofferenza può essere redenta e salvata se vissuta con quell’amore e con quello spirito di fede che la può rendere preziosa per la salvezza. E vedremo a quali condizioni questo può avvenire.

In un contesto culturale come il nostro, riaffermare lo scandalo della croce come il cuore, il centro dell’annuncio cristiano, è davvero profetico e coraggioso. Sovente si preferisce evitare di parlare di questi temi. Temi quali la salvezza, la visione cristiana del dolore e della sofferenza, la vita eterna come il dono più importante, perché se cade sta storia della vita eterna come la grazia e il regalo più importante, cade tutto il resto. Perché io devo offrire persino il mio dolore, la mia sofferenza per un beneficio solo umano? Ma qui c’è di mezzo la vita eterna. Ci sono di mezzo i beni più grandi. La visione cristiana del dolore e della sofferenza, la vita eterna come il dono più importante. E purtroppo… diventano un po’ dimenticati, eppure sono centrali nell’insegnamento cristiano, nella teologia cristiana, soteriologia ed escatologia, per usare due termini importanti, cioè le cose ultime e il tema della salvezza.

Ecco, se non comprendiamo l’importanza di tutto questo non comprendiamo la grandezza e si minimizza dunque l’esperienza di fede e di sapienza di uomini di Dio come San Giovanni Polo II e il beato Luigi Novarese. A volte, a me pare, poi ne possiamo parlare, visto che lui ha detto che dobbiamo anche discutere, che ci sia un falso pudore nel parlare di certi temi, anche nelle nostre proposte pastorali e nella predicazione. C’è quasi un timore reverenziale, spesso scambiato con un malinteso rispetto alla persona, a fare proposte…sì, rispettose del cammino di ciascuno, ma coraggiose. Il beato Luigi Novarese, questo coraggio ce l’aveva e non aveva paura di invitare i malati a non essere dei rimorchiati. Ce l’abbiamo noi oggi questo coraggio? Pastorale! A dire alle gente, detto come lo sapeva dire lui, prima facendoli sentire amati fino in fondo e poi li poteva dire quello che voleva, di dire: prenditi le gambe in spalla, anche se sei su una carrozzina, e unito a Cristo partecipa all’evangelizzazione, alla salvezza del mondo. Vivi come protagonista, sii soggetto di questa storia di salvezza. Ecco, il coraggio di Novarese, che oggi non abbiamo più. Oggi abbiamo fatto della nostra amata Chiesa, per tanti aspetti, una grande azienda di servizi sociali. E non è l’azienda dove si annuncia innanzitutto la salvezza, la salvezza.

Sono onorato dunque di essere per cui proprio oggi, a 40 anni dalla morte del beato Novarese, è coincidenza provvidenziale a 40 anni dalla pubblicazione della lettera apostolica Salvifici Doloris, ma sono anche un po’ preoccupato perché sento la responsabilità nel dover dire qualcosa di sensato rispetto al messaggio che questi giganti della fede hanno dato su temi così delicati e importanti. Mi consola il non essermi offerto per questo incarico, ma di aver soltanto accettato l’invito per amore a Novarese, a cui debbo tanto e affetto ai suoi figli spirituali diversi dei quali mi onorano della loro fraterna amicizia. E veniamo, questa era l’introduzione. Carisma coraggioso, profetico, prezioso.

Le radici

Pensando al titolo del nostro convegno: Dalle radici ai frutti, La Salvifici Doloris come fonte della spiritualità per il tempo della sofferenza, mi è stato chiesto di fermarmi soprattutto a considerare le radici della Salvifici Doloris, cioè qualche riflessione su ciò e su chi potrebbe aver contribuito alla redazione della lettera apostolica del Papa Polacco. Devo dire che non è un compito semplice. Perché? Perché il pudore e la riservatezza di eventuali consultori del Pontefice è stato ed è altissimo. Sappiamo bene che seppur il contenuto è proprio del Papa, alla stesura di un documento Pontificio concorrano diverse persone, ciascuno per la sua competenza. Tale concorso a volte consiste in una intuizione condivisa, altre volte in contenuti più puntuali. Comunque al momento non si è trovato, questo dobbiamo dirlo, nessun documento scritto dal quale si può rilevare un contributo personale dato da qualcuno, non solo dal beato, da qualcuno, a San Giovanni Paolo II per la stesura della lettera, compreso Monsignor Novarese, e nemmeno narrazioni certe documentate per poter affermare con sicurezza che tale contributo ci sia stato. Quello che sappiamo però, per certo, è che nel Magistero di San Giovanni Paolo II è centrale la riflessione sulla dimensione salvifica della sofferenza di Cristo e sul senso cristiano della sofferenza umana, anche prima dell’11 febbraio 1984 data della firma della lettera apostolica Salvifici Doloris. Quello che c’è di nuovo, invece, è che per la prima volta un documento magisteriale pontificio ha affrontato in modo organico, come unico tema, un argomento così delicato, complesso, ma fondamentale quanto all’importanza per la vita dell’uomo, non con l’intento di fare un trattato completo sul tema della sofferenza, secondo tutte le discipline: scientifiche, umanistiche, via dicendo, bensì riflettendo sulla coraggiosa proposta dell’esperienza cristiana e della parola di Dio, alla luce del Nuovo Testamento, offre al credente. La relazione di Don Carmine, come avete sentito, è stata molto esaustiva, per cui la ascolteremo in seguito nelle prossime puntate, anche perché è stata un po’ lunga. E adesso ci lasciamo cullare dalla musica di Madre accanto a te, una canzone ispirata ad una preghiera del nostro beato Novarese.

Canto
Madre, accanto a te,
c’è una speranza nuova.
Madre, vicino a te, scopro la mia via.
Quanta confusione c’è.
La mia vita scivola.
Ma se tu sarai con me.
Riuscirò ad alzarmi ancora
Madre, accanto a te
c’è una speranza nuova.
Madre, vicino a te
scopro la mia via,
mi smarrisco nel via vai.
E ti cerco dove sei.
Tu non mi abbandoni mai,
dai sollievo ai miei dolori.
Madre, accanto a te,
c’è una speranza nuova.
Madre, vicino a te,
scopro la mia via, la mia via.

Si conclude la trasmissione di quest’oggi, di cui ho curato i testi, le musiche e il montaggio. Paolo Migani vi saluta e vi dà appuntamento domenica prossima, sempre alle ore 14:30. A risentirci. Laudetur Jesus Christus.