Lettera da Gaza
Un giovane padre palestinese, rifugiato con la sua famiglia da oltre quattro mesi nella parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza City per sfuggire ai bombardamenti israeliani, ha scritto all’Osservatore Romano. Pubblichiamo la lettera ricevuta, che ha indirizzato al figlio in occasione del compleanno nella tragica circostanza della guerra in corso.
In questo giorno, quattro anni fa, Dio mi ha benedetto con il dono più bello e più prezioso: mio figlio Maher. Egli è la mia anima, la mia vita, il mio cuore, è tutto per me.
Perdonami, figlio mio.
Non avevo consapevolezza o non sapevo che questo sarebbe successo a noi.
Non potevo immaginare di vederti usare un bagno che non fosse quello della tua stanza o che tu avresti dormito lontano dal tuo cuscino, dai tuoi giocattoli, dalla tua stanza, dai colori per dipingere e dal calore del focolare. Non potevo sapere che avresti dormito in un materassino sul pavimento in un luogo strano per te.
Non potevo immaginare di sentire un giorno da te che sarebbero arrivati aiuti dal mare… legna da bruciare per cuocere il pane o il cibo. E tu non sai che qui non possiamo comprare il cibo nei mercati, perché non c’è, e non si trova nemmeno un barattolo della cioccolata che tu ami.
Non potevo avere coscienza che tu, figlio mio, avresti saputo cosa è la morte e la paura, avresti conosciuto cosa significa spostarsi di notte e né che saresti diventato un esperto militare, per saper distinguere i suoni degli aerei, delle bombe e dei cannoni dei carri armati… E non riesco nemmeno a sentire una tua parola… qual è la nostra colpa?
Perdonami, figlio mio, non avevo consapevolezza e non sapevo.
Perdonami, ho dimenticato che tu hai appena quattro anni di vita.
Questo è il nostro destino.
[Fonte: L’Osservatore Romano]
Mi ha commosso un padre che si scusa per la malvagità di altri per le scelte di chi crede nella guerra ma anche per quelli che occupano la terra di altri come se tutto ci è dovuto su questa terra senza preoccuparci di altri