Il giovane capitano della Nazionale di calcio amputati, 26 anni, racconta ai media vaticani la sua storia: ringrazio il Centro Sportivo Italiano che ha creduto si potesse giocare così. “Sono convinto ci sia stato uno sguardo più alto che ha guidato questa iniziativa, perché questa realtà ha fatto, fa e farà sempre bene, a quanti pensavano che la vita fosse finita”

Francesco Messori, 26 anni, sguardo limpido, voce gentile, è un ragazzo che ha un sogno, simile a quello di molti: diventare un calciatore. Ma c’è un problema: Francesco è nato senza la gamba destra. “Sognate in grande” disse Papa Francesco ai giovani, nell’omelia per la Solennità di Cristo Re dell’Universo, il 22 novembre 2020. Lo scoraggiamento e la rassegnazione possono spesso impedire di avere grandi sogni, ma il ragazzo ha un’eccezionale tenacia, e l’esortazione del Papa lo definisce in pieno. Non si arrende e, contro ogni ovvietà, gioca a calcio. “Inizio a farlo con la protesi – dice – ma poi decido di abbandonarla, mi faceva sentire più disabile di quanto lo fossi senza”. La naturale condizione del giovane calciatore è quella di essere senza una gamba, la protesi è una limitazione alla sua libertà di movimento. Meglio le stampelle. E con questo ausilio continua a giocare, abbandona il ruolo di portiere finisce per schierarsi al centro del campo.

L’ingresso nel Centro Sportivo Italiano

“Il Centro Sportivo Italiano – racconta Francesco – ha creduto che fosse possibile, per me, giocare con le stampelle”. Le regole del Csi erano ben precise: non era consentito entrare in campo con nulla e le stampelle potevano rappresentare un pericolo. Nel 2011 alla guida dell’organizzazione c’era Massimo Achini che decise di cambiare le regole. Francesco da quel momento può non solo allenarsi con i normodotati, ma anche giocare nei campionati ufficiali. Il desiderio del calciatore rimane comunque quello di un confronto alla pari. Per questo, nel 2012, crea un gruppo Facebook dove recluta ragazzi con il suo stesso sogno. “Quello che è accaduto è stato un miracolo, i ragazzi hanno risposto da tutta l’Italia – dice con gioia Francesco – e sono convinto ci sia stato uno sguardo più alto che ha guidato questa iniziativa, perché questa realtà ha fatto, fa e farà sempre bene, a quanti pensavano che la vita fosse finita.” L’8 dicembre 2012 il Csi ufficializza la nascita della Nazionale di calcio italiana amputati.

La disabilità? “Di chi la vive”

“Dire che la disabilità sia solo negli occhi di chi guarda è sbagliato, la disabilità è vista soprattutto da chi la vive”, afferma con forza Francesco. Ma anche qui si può gettare il cuore oltre l’ostacolo: “C’è un segreto: io non ho accettato la condizione di disabile nella mia vita, io ho accettato chi sono”. Per Francesco è questo l’unico modo per far vivere agli altri la disabilità come una condizione normale. Non serve edulcorare quindi, la disabilità è e rimarrà tale per chi la vive, ma dall’accettazioni di sé stessi si può partire per realizzare grandi cose. Poi Francesco fa un accenno importante, con il tono di chi sa per certo ciò che sta dicendo: “Sono altre, quelle che partono da dentro, le disabilità che possono limitare la vita”. Nell’affrontare la sua condizione, il giovane calciatore ha avuto degli alleati preziosi, di cui parla con amore e gratitudine: “I miei genitori per primi hanno accolto la mia disabilità”. Il tentativo di superarla sarebbe stato solo un voler sopravvivere, accettarla ha portato la possibilità di vivere pienamente. “Questo è stato il segreto, per tutto”, conclude Francesco.

L’incontro con Dio

Francesco racconta come sia iniziato il periodo più duro della sua vita. Dopo aver acquisito una certa notorietà, era necessario rimanere all’altezza delle aspettative. ““Il mio percorso sportivo mi ha portato a costruire un personaggio. In molti contesti cercavo di essere sempre al massimo, era questo che la gente, credevo, si aspettasse da me”. A lungo andare tutto questo non paga, il ragazzo ha bisogno di scoprire la sua autenticità oltre la disabilità, come a voler sottolineare che qualsiasi sia il problema, non possiamo identificarci con esso. A questo punto della storia Francesco fa l’incontro più importante della sua vita, quello con Dio. “Lui mi ha fatto capire che noi siamo importanti per quello che siamo, perché lui ci ama cosi”. E’ una liberazione questa, si vede dai suoi occhi quando parla. Potersi mostrare nudi di fronte “a Qualcuno che ci ama soprattutto per le nostre debolezze”, ti fa sentire immensamente grato. E il grazie più grande Francesco lo rivolge a Dio che gli ha fatto capire di non essere il centro del mondo. Come spesso accade, da una crisi si può nascere a nuova vita. “Quello che desidero oggi e finché avrò vita, è donarmi a tutti i miei fratelli per l’Amore che ho ricevuto”, spiega con emozione.

Un messaggio per tutti

A tutti i giovani, a tutte le persone, Francesco vuole infine trasmettere un messaggio importante. La vita spesso non risponde alle aspettative della nostra mente, ma “qualsiasi cosa possa accadere nella vita, nonostante tutto il dolore, se noi nel nostro piccolo facciamo il nostro possibile, Qualcuno farà per noi l’impossibile”. Questo è il modo in cui Francesco crede si possa assaporare un po’ di vita eterna anche qui, sulla Terra…