Spero che il tempo trascorso a riflettere sulle domande che ti ho posto sia stato bello e ti abbia portato a guardare dentro te stesso. Questa volta ho pensato di portarti una piccola testimonianza personale. Forse possiamo riflettere insieme sul senso che può avere nella vita di un giovane di oggi una consacrazione come Silenzioso Operaio della Croce.
Fin da piccola mi sono confrontata con il senso della sofferenza. Per me è difficile capire come un Dio così buono possa tollerarla. Vedevo tante storie di vite profondamente segnate dalla sofferenza: guerre, malattie, abbandono… “perché?”, mi chiedevo.
Alla fine sono finita in una casa, in una settimana, piena di persone con situazioni di estrema sofferenza. Famiglie profondamente segnate dalla realtà della disabilità. I dubbi e l’inquietudine iniziali si sono trasformati in stupore e incomprensione per la gioia che si viveva in quella casa.
Ho iniziato a conoscere la sofferenza da vicino, a seguire quelle vite e a imparare non il perché, ma il per che cosa; la vita e l’amore che sorgono da queste esperienze. A un certo punto il desiderio che la dedizione e la volontà di portare il sorriso di Dio in mezzo a tanta sofferenza fosse dedizione definitiva.
Pensavo di diventare infermiera. Ho terminato il corso. Ma non bastava. Non volevo dare solo parte del mio tempo, né la mia esperienza tecnica. Il Signore mi chiamava a darmi completamente, con anima e cuore. Il perché della sofferenza? Non l’ho ancora trovato! Ma ho trovato un senso per la mia vita, imparato attraverso l’amore di così tanti volti sofferenti.
E tu? Quali inquietudini profonde porti nel cuore? In che modo ti lasci coinvolgere e trasformare da esse?
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