Discorso di san Giovanni XXIII al Centro Volontari della Sofferenza in occasione della solennità di S. Giuseppe, Città del Vaticano

 

19 MARZO 1959

 

Siate i benvenuti, diletti figli, nella Casa del Comune Padre!

Fin da quando la Divina provvidenza nei suoi misteriosi disegni ha voluto innalzarci al Supremo Pontificato, il Nostro pensiero si è rivolto in modo particolare a voi, diletti figli e figlie ammalati, che siete tra i più vicini al Nostro spirito.

Quante volte abbiamo sentito nell’animo il desiderio di trovarci in mezzo a voi, come faceva Gesù nella sua vita terrena lungo le vie della Palestina, e come fa ora nella sua vita eucaristica, benedicendo, consolando, asciugando lacrime, destando speranze.

per questo che oggi Noi vivamente godiamo nel rivolgervi la Nostra parola e nel farvi sentire tutta la tenerezza dei Nostro affetto.

Anzitutto desideriamo esprimervi la riconoscenza profonda per il dono, prezioso quant’ altri mai, che siete venuti ad offrirci: il dono cioè delle vostre preghiere e delle vostre sofferenze, con cui avete prontamente risposto all’appello da Noi rivolto a tutti i fedeli, onde ottenere le divine grazie per il Sinodo dell’Urbe, il Concilio Ecumenico, l’aggiornamento del Codice di Diritto Canonico e la promulgazione di quello per la Chiesa Orientale.

Grazie, figlioli! Voi avete così dimostrato che siete veramente nella Chiesa di Dio tesori incomparabili e valida fonte di spirituali energie, su cui tanto fa affidamento il Vicario di Cristo per il bene e la salvezza dell’umanità.

Possa il presente incontro farvi apprezzare sempre più la santità e la fecondità della missione che il buon Dio vi ha affidato nelle vostre infermità, e sia il vostro esempio fonte di luce per tanti che vi sono fratelli nella sofferenza.

Purtroppo molti sono portati a giudicare come mali, e mali assoluti, tutte le sventure fisiche di quaggiù. Hanno dimenticato che il dolore è retaggio dei figli di Adamo; hanno dimenticato che il solo vero male è la colpa che offende il Signore; e che dobbiamo guardare alla Croce di Gesù, come la guardarono gli Apostoli, i Martiri, i Santi, maestri e testimoni che nella Croce è conforto e salvezza, e che nell’amore di Cristo non si vive senza dolore.

Grazie a Dio, non sempre vi sono anime che si ribellano sotto il peso del dolore. Vi sono infermi che comprendono il significato della sofferenza e si rendono conto delle possibilità che hanno di contribuire alla salvezza del mondo, e perciò accettano la loro vita di dolore come l’ha accettata Gesù Cristo, come l’ha accettata Maria Santissima nel giorno della sua Purificazione e come l’ha accettata il suo fedele e casto sposo San Giuseppe. Voi, qui presenti, appartenete appunto alla eletta schiera di queste anime fortunate. A voi pertanto diciamo: Coraggio, figlioli! Siete i prediletti del Cuore di Gesù, perché possiamo ripetervi con San Paolo: “A Voi per Cristo fu fatta la grazia non solo di credere in lui, ma anche di patire per lui” (Fil. 1, 29).

E quale altra parola più adatta, allora, che esortarvi a non distogliere giammai il vostro sguardo dalla Croce di Gesù, che la Liturgia ci invita a contemplare proprio in questa Settimana di Passione?

Guardatela, diletti figli, nelle vostre sofferenze!

Per ricavare dalla meditazione della Croce tutto il frutto spirituale promesso alla sofferenza cristiana, occorre avere in voi il dono della grazia, che è la vita propria dell’anima cristiana. Nella grazia troverete forza, non solo di accettare le sofferenze con rassegnazione, ma di amarle come le amarono i Santi; i vostri dolori non andranno perduti, ma potranno unirsi al dolori del Crocifisso, ai dolori della Vergine, la più innocente delle creature; e la vostra vita potrà così diventare veramente conforme alla immagine del Figlio di Dio, re dei dolori, e la più sicura via per il Cielo.

Ma vi è di più. La Passione di Gesù vi rivelerà altresì la fecondità immensa della sofferenza per la santificazione delle anime e la salvezza del mondo. Mirate ancora il Divin Salvatore Crocifisso! Con le sue parole e con i suoi esempi egli ha ammaestrato gli uomini, coi suoi miracoli li ha beneficati, ma soprattutto è stato con la sua Passione e la sua Croce che ha salvato il mondo. Volete somigliare a Gesù? Volete trasformavi in Lui? Volete aiutarlo a salvare le anime? Ebbene, ecco, nella malattia, lo strumento offerto a voi dalla provvidenza per “completare le sofferenze di Cristo… per il suo Corpo che è la Chiesa” (Col. 1, 24). Ecco il grande compito dei sofferenti, che anime generose attuano fino all’eroismo dell’accettazione e dell’offerta. In questo apostolato non vi è settore che rimanga precluso alle loro possibilità; a tutti possono far giungere i benefici della Redenzione, molti dei quali non si sarebbero salvati se essi non avessero pregato e sofferto. E non è questo che la Vergine Immacolata ha specialmente richiesto con tanta insistenza a Lourdes, quando a Santa Bernardetta domandava “preghiera e penitenza”? Il lavoro e il dolore sono la prima penitenza imposta da Dio all’umanità caduta nel peccato; orbene, come il peccato attira l’ira di Dio, così la santificazione del lavoro e del dolore attira la misericordia di Dio sul genere umano.

Attuino i sofferenti questo programma nella loro vita; non si sentiranno più soli; in Paradiso vedranno i frutti immensi della loro spirituale attività, là dove non ci sono più né lacrime né dolori, né separazioni, né possibilità di offendere Dio.

Per questi motivi, cari infermi, a riguardo delle intenzioni che abbiamo sopra ricordato, Noi facciamo, sì, assegnamento sugli sforzi dei Nostri collaboratori e sulle preghiere di tutti i fedeli, ma ancor più contiamo sulla santa sofferenza, che unita alla Passione di Gesù, darà la massima efficacia all’opera dell’uomo.

Ecco, diletti figli, Noi vi lasciamo. Ma prima di separarci da voi, vi esortiamo con la Parola di 5. Pietro il primo Vicario di Cristo: “O cari, non vi stupite della fiamma levatasi contro di voi, a vostra prova, quasi vi accada cosa strana; anzi godetene, in quanto partecipate ai patimenti di Cristo, affinché anche nella gloriosa apparizione di Lui, possiate godere giubilando” (1 Pi 4, 12-13).

Giunga questo Nostro messaggio a tutti gli iscritti al Centro “Volontari della Sofferenza”, e cerchino essi di convincere i fratelli sofferenti a vivere, con questo spirito di accettazione e di offerta, la loro vita di dolori. Giunga a tutti gli altri infermi che in questo momento accogliamo nel Nostro abbraccio paterno: figli e figlie languenti nei grandi e piccoli Ospedali, nei Sanatori, nelle Cliniche, nelle case private. Per tutti preghiamo Gesù, amico dei sofferenti; preghiamo la Vergine Santissima, nostra affettuosissima Madre, affinché tutti consoli col suo sorriso e protegga sotto il suo manto. E questi Nostri voti e preghiere avvaloriamo con la Nostra Apostolica Benedizione.

 

 

 

PREGHIERA CHE GIOVANNI XXIII RECITAVA ABITUALMENTE DURANTE LA MESSA:

 

Padre celeste. Padre di misericordia, accogli la preghiera del tuo servo:
1) in soddisfazione e remissione di tutti i miei peccati;
2) a salute e forza della mia anima, della mia casa
e di quelli ai quali mi legano le obbligazioni del mio servizio;
3) in soddisfazione e remissione dei peccati dei governanti,
dei prelati, delle anime consacrate e di tutti,
affinché ti degni di concedere a tutti la grazia dello Spirito Santo;
4) per tutti i peccatori del mondo, perché tu li converta
e li riconduca sulla strada della salvezza;
5) a conforto dei tribolati, affinché tu dia ad essi
il sostegno e la vera pazienza;
6) a refrigerio e liberazione delle anime del purgatorio,
principalmente di quelle che hanno diritto alla mia preghiera;
e infine a illuminazione di tutte le genti che non hanno ricevuto la luce del Vangelo
e dei nostri fratelli separati, perché tutti conoscano e amino Te,
Padre Onnipotente, che col Figlio e lo Spirito Santo sei benedetto nei secoli dei secoli.
Così sia.