Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso
Giunti alla 30ª Giornata Mondiale del Malato, il Papa invita a “porsi accanto a chi soffre in un cammino di carità”.
Il Messaggio per questa Giornata inizia proprio ricordando che essa è stata istituita da Giovanni Paolo II “per sensibilizzare il popolo di Dio, le istituzioni sanitarie cattoliche e la società civile all’attenzione verso i malati e verso quanti se ne prendono cura”.
Francesco afferma che “molti passi avanti sono stati fatti, ma molta strada rimane ancora da percorrere per assicurare a tutti i malati, anche nei luoghi e nelle situazioni di maggiore povertà ed emarginazione, le cure sanitarie di cui hanno bisogno; come pure l’accompagnamento pastorale, perché possano vivere il tempo della malattia uniti a Cristo crocifisso e risorto”.
Prevista inizialmente nella città di Arequipa (Perù), la celebrazione culminante della Giornata si terrà nella Basilica di San Pietro in Vaticano.
Il Papa commenta il tema scelto: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36). “La misericordia è per eccellenza il nome di Dio, che esprime la sua natura non alla maniera di un sentimento occasionale, ma come forza presente in tutto ciò che Egli opera. È forza e tenerezza insieme. Per questo possiamo dire, con stupore e riconoscenza, che la misericordia di Dio ha in sé sia la dimensione della paternità sia quella della maternità (cfr Is 49,15), perché Egli si prende cura di noi con la forza di un padre e con la tenerezza di una madre, sempre desideroso di donarci nuova vita nello Spirito Santo”.
Parla di Gesù, “testimone sommo dell’amore misericordioso del Padre verso i malati. Quante volte i Vangeli ci narrano gli incontri di Gesù con persone affette da diverse malattie!”. E pone una domanda che interpella il nostro agire cristiano: “Possiamo chiederci: perché questa attenzione particolare di Gesù verso i malati, al punto che essa diventa anche l’opera principale nella missione degli apostoli, mandati dal Maestro ad annunciare il Vangelo e curare gli infermi?”.
In risposta, il Papa cita Lévinas: “Un pensatore del XX secolo ci suggerisce una motivazione: «Il dolore isola assolutamente ed è da questo isolamento assoluto che nasce l’appello all’altro, l’invocazione all’altro». Quando una persona sperimenta nella propria carne fragilità e sofferenza a causa della malattia, anche il suo cuore si appesantisce, la paura cresce, gli interrogativi si moltiplicano, la domanda di senso per tutto quello che succede si fa più urgente. Ecco, allora, l’importanza di avere accanto dei testimoni della carità di Dio che, sull’esempio di Gesù, misericordia del Padre, versino sulle ferite dei malati l’olio della consolazione e il vino della speranza”.
A tutte le persone che si prendono cura dei sofferenti (medici, infermieri, volontari…) il Papa porge l’invito a “toccare la carne sofferente di Cristo. Le vostre mani che toccano la carne sofferente di Cristo possono essere segno delle mani misericordiose del Padre. Siate consapevoli della grande dignità della vostra professione, come pure della responsabilità che essa comporta”.
I progressi che la scienza compie nella cura dei malati non devono però “mai far dimenticare la singolarità di ogni malato, con la sua dignità e le sue fragilità. Il malato è sempre più importante della sua malattia, e per questo ogni approccio terapeutico non può prescindere dall’ascolto del paziente, della sua storia, delle sue ansie, delle sue paure. Anche quando non è possibile guarire, sempre è possibile curare, sempre è possibile consolare, sempre è possibile far sentire una vicinanza che mostra interesse alla persona prima che alla sua patologia. Per questo auspico che i percorsi formativi degli operatori della salute siano capaci di abilitare all’ascolto e alla dimensione relazionale”.
Nel Messaggio, Francesco parla anche dei luoghi di cura come case di misericordia, “locande del buon samaritano”. Esse “sono opere preziose mediante le quali la carità cristiana ha preso forma e l’amore di Cristo, testimoniato dai suoi discepoli, è diventato più credibile. In questo contesto desidero riaffermare l’importanza delle istituzioni sanitarie cattoliche: esse sono un tesoro prezioso da custodire e sostenere; la loro presenza ha contraddistinto la storia della Chiesa per la prossimità ai malati più poveri e alle situazioni più dimenticate. Quanti fondatori di famiglie religiose hanno saputo ascoltare il grido di fratelli e sorelle privi di accesso alle cure o curati malamente e si sono prodigati al loro servizio! Ancora oggi, anche nei Paesi più sviluppati, la loro presenza è una benedizione, perché sempre possono offrire, oltre alla cura del corpo con tutta la competenza necessaria, anche quella carità per la quale il malato e i suoi familiari sono al centro dell’attenzione. In un tempo nel quale è diffusa la cultura dello scarto e la vita non è sempre riconosciuta degna di essere accolta e vissuta, queste strutture, come case della misericordia, possono essere esemplari nel custodire e curare ogni esistenza, anche la più fragile, dal suo inizio fino al suo termine naturale”.
Fra questi “fondatori” ricordiamo il nostro, Luigi Novarese, che in modo particolare ha chiesto di prestare attenzione a una guarigione integrale delle persone sofferenti.
Infine il Papa ricorda che “la vicinanza agli infermi e la loro cura pastorale non è compito solo di alcuni ministri specificamente dedicati; visitare gli infermi è un invito rivolto da Cristo a tutti i suoi discepoli. Il ministero della consolazione è compito di ogni battezzato, memore della parola di Gesù: «Ero malato e mi avete visitato» (Mt 25,36)”.
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