Disabilità: Franchini (Università Cattolica): “Basta alla logica del frammento”. “Per aiutare la persona disabile a progettare non si può essere soli”

“Intorno alla persona con disabilità ci sono tante realtà che si muovono ma spesso nella logica del frammento. Bisogna invece prendere il sacco dalla cima e insieme scoprire un progetto di vita”. Così Roberto Franchini, docente di pedagogia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, durante l’incontro on line nell’ambito del progetto “Una crisi da non sprecare”, promosso dal Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Cei. Franchini espone gli errori commessi spesso da chi fa progettazione intorno alla persona con disabilità: “Dobbiamo smetterla di fare da soli – afferma -. Se facciamo da soli ci rinchiudiamo nella logica del frammento: le parrocchie, le strutture. Ma lì non c’è la vita intera della persona. Cerchiamo invece di immaginare che tutto quello che mettiamo in atto per la persona con disabilità segua un metodo di progettazione personalizzata”. Durante l’incontro i partecipanti sono stati divisi in gruppi per svolgere il laboratorio che è consistito nel realizzare un “progetto di vita”. “Nessuno di noi – osserva il docente – ha sentito mai l’esigenza di scrivere il proprio progetto di vita però ognuno l’ha realizzato. Accettereste – chiede – che qualcuno progettasse al posto vostro? Le persone fragili vanno sostenute nel disegnare il proprio progetto di vita. È terribile la responsabilità che abbiamo nel progettare la vita degli altri, una responsabilità che si complica man mano che la persona cresce. Non possiamo farlo con pressapochismo, bisogna diventare esperti in progettazione”.

Nella progettazione per la persona disabile vanno valutati bisogni e desideri

Una serie di passi falsi nasconde il percorso di coloro che sono impegnati nella progettazione a sostegno delle persone con disabilità. A parlarne è Roberto Franchini, docente di pedagogia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, durante l’incontro on line promosso dal Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Cei. “Quando si progetta – spiega Franchini – sulle persone con disabilità c’è il rischio di partire da presupposti parziali perché ognuno ha la propria idea. In questo modo si diventa ideologici”. Il docente espone in particolare tre ideologie che vanno a svantaggio della persona: quella della crescita, “perché spesso potremmo avere l’idea di dover riabilitare la persona. Come se la persona fosse un bambino in eterno”, quella del benessere, che invece “vuole mettere le persone in una bolla protettiva per cui è sufficiente assisterle”. E infine quella della indipendenza. “Siamo – chiede il docente – sicuri che il senso della vita sia essere indipendenti? È chiaro che l’indipendenza sia una buona cosa ma spingere tutto sull’indipendenza fa perdere il senso, là dove la disabilità fin da subito gravi la compromissione della non autosufficienza”. Per fare una buona progettazione, secondo Franchini, “abbiamo bisogno di progettare in modo completo e fare la sintesi delle parole”. Altro passo falso, secondo l’esperto, è “partire da qualcosa di predefinito in cui la persona viene incastrata. Succede nelle parrocchie, nelle strutture, nei progetti degli assistenti sociali”. Nella progettazione invece vanno valutati i bisogni e i desideri da indagare tramite l’intervista. “Quando una persona non è in grado di rispondere alle domande comunque dobbiamo chiedere a chi la conosce bene. Se abbiamo fatto bene l’intervista abbiamo allora un cruscotto in cui le spie rosse ci indicano che le cose importanti per la persona non stanno avvenendo”. In conclusione, suor Veronica Donatello, responsabile del servizio della Cei, ricorda: “A volte il nostro fallimento pastorale è nel fissarci sulla guarigione del ragazzo sordo. Invece il Signore ci indica che c’è lui, c’è il padre, c’è la folla. Allora nel progetto di vita bisogna allargare ed entrare nella logica di Dio che porta frutto perché coinvolge altri”.

[Fonte: Agenzia SIR]